lunedì 14 ottobre 2024

“Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta” - Il primo acquedotto di Jesi


Ricorderemo questa estate per le temperature roventi e per i preoccupanti livelli di siccità.

L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ha registrato, nelle Marche, uno scenario di “severità idrica”, definizione tecnica che sintetizza uno stato di rilevante criticità: le portate in alveo risultano inferiori alla media, il fabbisogno di acqua è superiore alla norma, i volumi accumulati negli invasi e nei serbatoi non sono in grado di garantire i consueti tassi di erogazione per gli utilizzi idropotabili, irrigui e industriali.

Questa congiuntura rende probabili danni al sistema economico e impatti negativi sull'ambiente.

Dalla realtà in atto, dovremmo trarre alcuni insegnamenti.

E’ necessaria una crescita di sensibilità della popolazione per un utilizzo appropriato delle risorse idriche, con l’obiettivo di scongiurare sprechi e dispersioni.

Nel contempo, deve aumentare il grado di responsabilizzazione delle istituzioni pubbliche sulle questioni dell’impiantistica idraulica e della manutenzione delle reti.

La banalità del gesto quotidiano di aprire un rubinetto sminuisce la necessaria consapevolezza sull’estrema complessità del sistema di approvvigionamento: dalla captazione alla sorgente fino alla distribuzione nelle nostre case.

Meritano riconoscenza quegli amministratori comunali che, agli inizi del ‘900, dedicarono il loro impegno alla costruzione degli acquedotti.

Non dimentichiamo che appena un secolo fa, l’attingimento dell’acqua per usi domestici veniva ancora effettuato attraverso punti di rifornimento collettivo.

E’ il caso, per quanto riguarda Jesi, della Fontana dei leoni, collocata al centro della Piazza del Plebiscito (l’odierna Piazza della Repubblica) alla quale si aggiungevano altre fonti periferiche: Tornabrocco, Piccitù, San Marco, San Giovanni, San Floriano, Porta Valle, Mastella.

L’acquaiolo, dietro compenso, prelevava l’acqua dalle fontane pubbliche, per poi trasportarla ai clienti su carretti muniti di appositi fori per la sistemazione in sicurezza delle brocche in terracotta.

La memoria popolare tramanda il ricordo di Nennè (Anna Stacchini), l’acquaiola impegnata, fino a tarda età, ad effettuare consegne con un pesante carriolo a sei buche.

Per diversi secoli, le fontane cittadine vennero alimentate con l’acqua proveniente dalla sorgente di Fontesecca (toponimo alquanto singolare!) situata nella zona dove sorgeva la chiesa di San Francesco al Monte (attuale Casa di Riposo in via Gramsci).

Nel 1890, durante la sindacatura del marchese Luciano Honorati, vennero avviati i primi studi per la costruzione dell’acquedotto cittadino.

Soltanto 22 anni dopo, nel 1912, si completò la progettazione dell’opera per la quale fu previsto uno stanziamento pari ad un milione e 96 mila lire. L’avvio dei lavori porta la data del 10 agosto 1913, mentre era a capo dell’Amministrazione il repubblicano Gugliemo Gatti.

La spinta definitiva per la realizzazione dell’acquedotto, è riconducibile all’azione di Giuseppe Abbruzzetti, Sindaco liberale in carica durante la prima guerra mondiale.

Anche grazie all’impiego forzato dei prigionieri austriaci, l’impianto idrico fu costruito in meno di quattro anni ed attivato nel 1917.

Un intervento, per l’epoca, di dimensioni ingegneristiche colossali: una tubazione in acciaio lunga oltre 36 chilometri collegava la sorgente di Rio delle Grotte (situata località Trocchetti di Albacina) alla nostra città.

Finalmente l’acqua corrente era a disposizione degli jesini!

Con un avviso pubblico datato 20 febbraio 1918, il Sindaco Abbruzzetti aprì la sottoscrizione per gli abbonamenti all’uso dell’acqua potabile.

Gli interessati - previa domanda in carta da bollo da una lira - potevano esprimere un’opzione tra cinque tipologie di fornitura: 1000 litri al giorno (costo 55 lire annue), 750 litri (45 lire annue), 500 litri (30 lire annue), 250 litri (18 euro annui) e 125 litri (10 lire annue).

L’acquedotto di Trocchetti è rimasto in funzione per oltre sessanta anni anni, fino all’attivazione, negli anni ‘80, del nuovo impianto di Gorgovivo, la cui acqua ha un grado di durezza di meno della metà di quella di Rio delle Grotte.

A Trocchetti rimane, comunque, una straordinaria testimonianza architettonica di quel primo acquedotto. Attraverso un sentiero, è ancora raggiungibile l’edificio di servizio su cui campeggia, a caratteri cubitali, la scritta Aesinae Genti, simbolo orgoglioso della jesinità.

Nel periodo primaverile, una cascata di oltre venti metri lambisce una parete della struttura, immersa in un bosco.

Noi contemporanei, oltre ad essere grati per la lungimiranza degli avi, siamo chiamati a riflettere sul valore dell’acqua, riconoscendone, ora più che mai, quella preziosità già mirabilmente cantata - esattamente 800 anni fa - da Francesco d’Assisi:

Laudato si', mi' Signore, per sor'aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta”.


Mauro Torelli



 

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