sabato 9 marzo 2019

Tra Cupramontana e San Paolo: lo sguardo di Francesco si è posato sulla Vallesina





Da oltre un anno, l'Arcidiocesi di Ancona-Osimo è al lavoro per preparare le celebrazioni dell'ottavo centenario della partenza di San Francesco d'Assisi dal porto di Ancona (giugno 1219) con destinazione verso la terra dei Saraceni.

Per l'occasione, Papa Francesco è stato invitato a recarsi in visita nel capoluogo della nostra Regione. L'Arcivescovo Angelo Spina ha indirizzato ai fedeli la sua prima lettera pastorale dal titolo: "Con lo sguardo di S. Francesco d'Assisi”.

Il biografo Bonaventura da Bagnoregio racconta che:"l'ardore della carità spingeva Francesco al martirio; sicché (...) tentò di partire verso i paesi infedeli, per diffondere, con l'effusione del proprio sangue, la fede nella Trinità. A tredici anni dalla sua conversione, partì verso le regioni della Siria, affrontando coraggiosamente molti pericoli, al fine di potersi presentare al cospetto del Soldano di Babilonia" (Leggenda Maggiore, 1172)

Il Santo, durante lo svolgimento della Quinta Crociata,  approdò, insieme ad un gruppo di frati, nel nord della Palestina, precisamente a S. Giovanni d'Acri, all’epoca quartiere generale dell’esercito cristiano. Dopo qualche mese, giunse alla corte del Sultano Al Malik-Al Kamil nella città di Damietta, situata sul delta del Nilo, a circa 200 km a nord del Cairo.

Diversi racconti, talvolta scarsamente attendibili sul piano storico, hanno rievocato la vicenda di quell’incontro. E’, ad esempio, da escludere la veridicità dell’episodio dell’ordalia o, “prova del fuoco”, attraverso la quale il Santo avrebbe sfidato i capi religiosi musulmani per dimostrare quale, tra le fedi cristana e islamica, fosse autentica.
Il cardinal Jacques de Vitry, contemporaneo di Francesco e scevro da preoccupazioni agiografiche, non nascose che, sotto il profilo del proselitismo, il Santo “predicò ai Saraceni la parola di Dio, ma con poco profitto”.

Certamente il frutto migliore di quella missione maturò al rientro in Italia, allorquando, all’interno della Regola non bollata (1221), Francesco formulò un capitolo intero dal titolo “Di coloro che vanno tra i saraceni e gli altri infedeli”.

Forte dell’esperienza vissuta, il Santo delineò un metodo operativo, ad uso dei frati, da utilizzare nel dialogo interreligioso.

Si rimane sorpresi per l’attualità delle indicazioni: il primo comportamento consiste nell’evitare liti o dispute ma, allo stesso tempo, nel proclamare, senza infingimenti, la propria fede cristiana. In un periodo in cui lo scontro tra civiltà aveva raggiunto l’acme, Francesco invita i suoi frati ad essere cortesi con tutti, non arretrando, tuttavia, rispetto alle proprie convinzioni.
In altri termini, non è possibile disgiungere lo spirito di accoglienza dalla testimonianza.

Il secondo comportamento si concretizza nell’annuncio diretto della Parola, non con sentimenti di prevaricazione, ma valutando il tempo opportuno, ovverosia allorquando i frati “vedranno che piace al Signore”.
Non esistono, quindi, programmi di conversione di massa, ma, al contrario, una prudente azione di discernimento.

Le ormai prossime celebrazioni anconetane, suscitano motivi di interesse storico-geografico, oltrechè religioso, non solo per Ancona, ma anche per il territorio della diocesi di Jesi.
Padre Giancarlo Corsini, già Ministro Provinciale dell’Ordine dei Frati Conventuali, ha ricostruito il percorso affrontato da Francesco per raggiungere il mare.
Il Santo toccò Gualdo Tadino, la cima del Monte Serrasanta, Campodonico, Madonna del Sasso, Valleremita, Fabriano, Albacina, Poggio San Romualdo, Valdicastro, Favete di Apiro, Cupramontana, San Paolo di Jesi, Santa Paolina, Filottrano, Osimo e, infine,  Ancona, per un totale di 190 km.

Nella nostra zona, per l’appunto, Francesco discese da Cupramontana per raggiungere San Paolo.
Quale potrebbe essere stato il suo itinerario?
L’ipotesi che ci sentiamo di avanzare prevede il transito per l’attuale Contrada San Michele, già chiamata S. Michele de Quadrigaria, probabilmente per l’esistenza in loco di un quadrivio (cfr. R. Ciccarelli, Le strade raccontano, 1991). Nella contrada era attestata, a partire dal XII secolo, la presenza di un eremo di monaci camaldolesi.
La strada prosegue per Contrada Follonica, dove,  all’epoca di Francesco, sorgeva un castello, di cui sono tuttora visibili i ruderi. Il luogo rivestiva una rilevante importanza strategica, in quanto situato al confine tra il Contado di Jesi e quello di Osimo. Vicino alla rocca, si ergeva la chiesa di Santa Maria di Follonica, citata da Antonio Gianandrea con uno specifico riferimento proprio all’anno 1219.

La questione, ricca di suggestioni, è degna di approfondimento. Ci sembra, infatti, non indifferente  che lo sguardo di Francesco (quello “sguardo fresco sul mondo nuovo” di cui parlava Chesterton) si sia posato, ottocento anni fa, sulle colline della nostra Vallesina.


                                                                                                                             Mauro Torelli

 (Voce della Vallesina, 17 febbraio 2019)





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