martedì 8 dicembre 2015

Rambaldo Magagnini

Voce della Vallesina, 29 novembre 2015


Voce della Vallesina, 29 novembre 2015

Voce della Vallesina, 22 novembre 2015

mercoledì 18 novembre 2015

domenica 18 ottobre 2015

«Dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore»


Loreto, 18 ottobre 2015: Padre Campana illustra l'Enciclica Laudato sì

Carissimi fratelli e carissime sorelle, anche quest’anno avremo la gioia di ritrovarci  per la consueta Giornata di Spiritualità. Sarà, come sempre , un momento di formazione e crescita spirituale ed un altro tassello alla nostra conversione. Ogni anno abbiamo cambiato il tema  del convegno, proprio per  interpretare al meglio le necessità che la nostra famiglia richiedeva in quel particolare momento. Così dopo “Fratelli è possibile” dello scorso anno,  oggi riflettiamo ed approfondiamo un tema di carattere universale, che ha spinto Papa Francesco a lanciare un forte richiamo a tutti gli uomini, attraverso la sua bellissima enciclica “Laudato si’ ”. Nessuno, su tutto il pianeta, può dirsi escluso da questo enorme problema e tanto meno noi francescani, che ci rifacciamo alla spiritualità di Francesco d’Assisi. Lo stesso Papa ha voluto prendere spunto dal cantico di frate sole, nel quale il Santo chiama fratello e sorella tutte le creature animate ed inanimate, lodando i Signore creatore di tutte le cose . Per questo il titolo dell’opera è “laudato sì”. Ci guiderà in questa riflessione  il M.R.P. Ferdinando Campana,   Ministro Provinciale dei Frati  Minori e e  attuale Presidente  per le Marche della Conferenza Italiana Superiori Maggiori. A lui il compito di illustrarci  meglio il pensiero del Papa e farci riflettere su quanto la nostra Regola ci raccomanda : Abbiano inoltre rispetto per le altre creature, animate e inanimate , che “ dell’Altissimo portano significazione” e si forzino di passare  dalla tentazione  di sfruttamento, al francescano concetto di fratellanza universale. (Art.18) Fratelli carissimi possiamo e dobbiamo credere “ in un cambiamento rivoluzionario, e in una nuova umanità” per “ coltivare e custodire” il creato. Possiamo e dobbiamo  educarci ad un nuovo stile di vita e scegliere la sobrietà come valore universale. “Io ho fatto il mio dovere, Cristo v’insegni a fare il vostro” è con lo stesso augurio di Francesco che sento forte il desiderio che tutto il mondo francescano  si unisca nella testimonianza  e nella gioia dell’amore a tutte le creature animate ed inanimate, per costruire quella “nuova umanità capace di coltivare e custodire il creato”.
Il Ministro regionale Lorenzo Saccà



San Francesco d’Assisi
10. Non voglio procedere in questa Enciclica senza ricorrere a un esempio bello e motivante. Ho preso il suo nome come guida e come ispirazione nel momento della mia elezione a Vescovo di Roma. Credo che Francesco sia l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. E’ il santo patrono di tutti quelli che studiano e lavorano nel campo dell’ecologia, amato anche da molti che non sono cristiani. Egli manifestò un’attenzione particolare verso la creazione di Dio e verso i più poveri e abbandonati. Amava ed era amato per la sua gioia, la sua dedizione generosa, il suo cuore universale. Era un mistico e un pellegrino che viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso. In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore.

11. La sua testimonianza ci mostra anche che l’ecologia integrale richiede apertura verso categorie che trascendono il linguaggio delle scienze esatte o della biologia e ci collegano con l’essenza dell’umano. Così come succede quando ci innamoriamo di una persona, ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature. Egli entrava in comunicazione con tutto il creato, e predicava persino ai fiori e «li invitava a lodare e amare Iddio, come esseri dotati di ragione».[19] La sua reazione era molto più che un apprezzamento intellettuale o un calcolo economico, perché per lui qualsiasi creatura era una sorella, unita a lui con vincoli di affetto. Per questo si sentiva chiamato a prendersi cura di tutto ciò che esiste. Il suo discepolo san Bonaventura narrava che lui, «considerando che tutte le cose hanno un’origine comune, si sentiva ricolmo di pietà ancora maggiore e chiamava le creature, per quanto piccole, con il nome di fratello o sorella».[20] Questa convinzione non può essere disprezzata come un romanticismo irrazionale, perché influisce sulle scelte che determinano il nostro comportamento. Se noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati. Viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spontanea. La povertà e l’austerità di san Francesco non erano un ascetismo solamente esteriore, ma qualcosa di più radicale: una rinuncia a fare della realtà un mero oggetto di uso e di dominio.
12. D’altra parte, san Francesco, fedele alla Scrittura, ci propone di riconoscere la natura come uno splendido libro nel quale Dio ci parla e ci trasmette qualcosa della sua bellezza e della sua bontà: «Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore» (Sap 13,5) e «la sua eterna potenza e divinità vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute» (Rm 1,20). Per questo chiedeva che nel convento si lasciasse sempre una parte dell’orto non coltivata, perché vi crescessero le erbe selvatiche, in modo che quanti le avrebbero ammirate potessero elevare il pensiero a Dio, autore di tanta bellezza.[21] Il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode.

[19] Tommaso da Celano, Vita prima di San Francesco, XXIX, 81: FF 460.
[20] Legenda Maior, VIII, 6: FF 1145.
[21] Cfr Tommaso da Celano, Vita seconda di San Francesco, CXXIV, 165: FF 750.




Attraversando una volta la Marca d'Ancona, dopo aver predicato nella stessa città, e dirigendosi verso Osimo, in compagnia di frate Paolo, che aveva eletto ministro di tutti i frati di quella provincia, incontrò nella campagna un pastore, che pascolava il suo gregge di montoni e di capre. In mezzo al branco c'era una sola pecorella, che tutta quieta e umile brucava l'erba. Appena la vide, Francesco si fermò, e quasi avesse avuto una stretta al cuore, pieno di compassione disse al fratello: "Vedi quella pecorella sola e mite tra i caproni? Il Signore nostro Gesù Cristo, circondato e braccato dai farisei e dai sinedriti, doveva proprio apparire come quell'umile creatura. Per questo ti prego, figlio mio, per amore di Lui, sii anche tu pieno di compassione, compriamola e portiamola via da queste capre e da questi caproni ".
78. Frate Paolo si sentì trascinato dalla commovente pietà del beato padre; ma non possedendo altro che le due ruvide tonache di cui erano vestiti, non sapevano come effettuare l'acquisto; ed ecco sopraggiungere un mercante e offrir loro il prezzo necessario. Ed essi, ringraziandone Dio, proseguirono il viaggio verso Osimo prendendo con sé la pecorina. Arrivati a Osimo si recarono dal vescovo della città, che li accolse con grande riverenza. Non seppe però celare la sua sorpresa nel vedersi davanti quella pecorina che Francesco si tirava dietro con tanto affetto. Appena tuttavia il servo del Signore gli ebbe raccontato una lunga parabola circa la pecora, tutto compunto il vescovo davanti alla purezza e semplicità di cuore del servo di Dio, ne ringraziò il Signore. Il giorno dopo, ripreso il cammino, Francesco pensava alla maniera migliore di sistemare la pecorella, e per suggerimento del fratello che l'accompagnava, l'affidò alle claustrali di San Severino, che accettarono il dono della pecorina con grande gioia come un dono del cielo, ne ebbero amorosa cura per lungo tempo, e poi con la sua lana tesserono una tonaca che mandarono a Francesco mentre teneva un capitolo alla Porziuncola. Il Santo l'accolse con devozione e festosamente si stringeva la tonaca al cuore e la baciava, invitando tutti ad allietarsi con lui.

(1 Cel 28)



mercoledì 19 agosto 2015

giovedì 16 aprile 2015

A Monteprandone da Padre Bruno


Monteprandone, 12 aprile 2015: foto di gruppo insieme a padre Bruno, di fronte alla quercia di San Giacomo







Padre Bruno all'altare dedicato a San Giacomo 



Il calice del miracolo della Romita




Le tonache di San Giacomo