domenica 17 dicembre 2017

Valleremita: la Porziuncola delle Marche


Il villaggio di Valleremita trae nome dall’antico cenobio benedettino che ospitò, secondo la tradizione, San Francesco (1210) nel suo passaggio a Fabriano.

Nel 1405 passò di proprietà a Chiavello Chiavelli, signore di Fabriano, e forse in quell'occasione si adornò del prezioso polittico di Gentile, che le spoliazioni napoleoniche trasferirono alla costituenda Pinacoteca di Brera nel 1811. 

Passato quindi ai francescani, il convento divenne nel Seicento uno dei maggiori della regione; oggi il fabbricato, riedificato col materiale di spoglio originale conserva un suo innegabile fascino, anche grazie al forte legame che San Francesco ha avuto con Fabriano, come attestano diversi studiosi. L'eremo è immerso nella vegetazione e circondato da un bosco di secolari faggi.

fonte: www.turismo.marche.it






Il polittico è composto da cinque scomparti a doppio registro. Il pannello centrale mostra l'Incoronazione della Vergine con una rappresentazione della Trinità e un coro di angeli musicanti in basso. Questa scena fu disegnata ispirandosi ai mosaici bizantini che Gentile aveva visto a Venezia nella Basilica di San Marco, come dimostra soprattutto l'eterea sospensione nel cielo delle figure, l'astratta parte inferiore e l'abbacinante fondo oro. Come tipico delle migliori opere del pittore, l'oro è poi lavorato con grande maestria e raffinatezza, col disegno di raggi di luce incisi direttamente sulla superficie o con altre tecniche, come nelle decorazioni delle vesti e in altri decori, talvolta resi a rilievo grazie all'uso della "pastiglia" in gesso. La veste di Gesù è poi disegnata su lamina d'argento.
Del tutto nuova è la capacità del pittore di lavorare le superfici, soprattutto gli abiti, dove riesce a trasmettere il senso della diversa consistenza materica, grazie a una stesura a tratti soffici della pittura.
I quattro pannelli laterali ospitano altrettante figure di santi: da sinistra si vedono San Girolamo con un modellino della chiesa in mano, San Francesco d'AssisiSan Domenico e la Maddalena. Queste figure sono poste in un giardino, appoggiate con passo leggero, ma saldo, su un prato fiorito dove sono dipinte svariate specie botaniche con la massima precisione. Tra i brani di virtuosismo pittorico si annoverano la morbida veste di pelliccia bianca della Maddalena o gli espressivi piedi di san Francesco, coperti di soffice peluria. Nella Maddalena è estremamente raffinato il gesto indolente con cui regge l'ampolla degli unguenti, suo attributo tradizionale, indolentemente appoggiata sulla punta delle dita (l'ampolla è incisa nell'oro, non dipinta, come un oggetto della più raffinata oreficeria coeva). Nonostante l'astrattezza di finezze come questa, un'importante novità rispetto agli stilemi del gotico è la saldezza con cui i santi si appoggiano al suolo. Girolamo regge una chiesa gotica, simbolo della Chiesa romana stessa o dell'edificio fatto restaurare. Estremamente tortuoso è il ricadere degli orli dei manti, che creano curve sinuose e ritmate.
L'opera mostra una serie di influenze fabrianesi, lombarde, venete ed umbre, è composta in maniera poco omogenea: l'Incoronazione e i quattro santi nei pannelli laterali hanno un'aria contemplativa, mentre le scene nelle cuspidi sono più concrete, interessate alla caratterizzazione personale dei santi attraverso la scelta degli episodi e delle ambientazioni. L'insieme è comunque equilibrato e dotato di maggiore solidità rispetto alle coeve opere lombarde.


La Maddalena


Nel Martirio di Pietro da Verona la scena è ambientata sullo sfondo di una vivace veduta cittadina, con effetti di resa materica nella giubba dello sgherro, trattata con effetto di denso pointillisme per dare l'idea della lana appallinata. Nella scena il carnefice vibra un colpo di mannaia sul capo del santo. I pannelli di San Giovanni e San Francesco sono speculari e ambientati in un brullo paesaggio collinare quasi identico, che richiamava la religiosità ascetica dei francescani di Val di Sasso, isolati nel proprio eremo. Nel pannello del Battista nel deserto il pittore si concentrò soprattutto nel definire con cura i peli della casacca del santo o i cespugli spinosi, lumeggiati con una visione nitida e lenticolare.I quattro pannelli superiori, entro le cuspidi, mostrano invece San Giovanni Battista in preghiera nel deserto, il Martirio di Pietro da VeronaSanto francescano in lettura e San Francesco che riceve le stimmate.



Polenta francescana!






Il venerabile frate Pierpaolo 






San Giacomo della Marca
Tra la prima e seconda metà del Quattrocento trovarono accoglienza a Valleremita illustri figure di francescani come S. Bernardino da Siena, S. Giovanni da Capistrano e S. Giacomo della Marca.


Nel paese di Valleremita


Il miracolo di Camporege

sabato 2 dicembre 2017

A Sefro, la più antica immagine di San Francesco



SEFRO – La più antica immagine di San Francesco conservata nelle Marche si troverebbe a Sefro. È quanto risulta dalle indagini della studiosa Maria Giannatiempo Lopez, della Soprintendenza per i beni artistici e storici delle Marche, che illustrerà la sua scoperta giovedì 30 novembre alle 16.30 durante il convegno “Francescani nelle Marche tra devozione e contestazione” tenuto all’interno de “I giovedì del Dipartimento” di Studi Umanistici dell’Università di Macerata, il ciclo di incontri aperto al grande pubblico nella sede di corso Cavour.
«Il convegno – spiega Lopez – sarà l’occasione utile per presentare un ciclo di affreschi della Chiesa di San Tossano di Agolla, a Sefro, nei quali, in particolare nell’affresco della parete di fondo, viene inserita la figura di un santo francescano. La tesi di Alfredo Vergani, esperto di storia dell’arte medioevale dell’Università di Macerata, è che si tratti di Sant’Antonio da Padova. I miei studi relativi alla raffigurazione del santo e allo stato devozionale, invece, mi fanno elaborare una tesi contraria alla sua e, cioè, che si tratti della prima raffigurazione di San Francesco».
L’incontro sarà aperto dai saluti del sindaco di Sefro Giancarlo Temperilli, del direttore del Dipartimento Carlo Pongetti, del Ministro provinciale dei Frati Minori delle Marche Ferdinando Campana. «Si tratta di una tesi affascinante – commenta il sindaco Temperilli – che riempie di valore, oltre che artistico anche simbolico e religioso, un luogo senza tempo quale è l’Eremo di San Bernardo da Quintavalle a Sefro e, più in particolare, la chiesetta di S. Tossano di Agolla. Tutto testimonia la presenza della comunità francescana sul nostro territorio, ma non solo. Quell’affresco pare rivelare la prima effigie di San Francesco in assoluto, raffigurata proprio nelle Marche e proprio nel comune di Sefro. Una ricerca e uno studio quindi, che scavando nella storia dei nostri luoghi, può svelare davvero preziosissime sorprese».
Al convegno interverranno anche Raimondo Michetti dell’Università di Roma Tre sul libro “Bernardo da Quintavalle e la tradizione dei compagni di Francesco nelle Marche” e Roberto Lambertini, docente di storia medievale di Unimc, a proposito del libro “I Fratres di Angelo Clareno” di Arnaldo Sancricca. Modera Francesca Bartolacci, Unimc.
fonte: Centro Pagina 28 novembre 2017