sabato 14 dicembre 2013

Quell'Apecar in giro per Jesi!




 
Il sito ufficiale dell'Ordine Francescano Secolare d'Italia pubblica, in questi giorni, il seguente articolo dedicato alla Fraternità di Jesi
 
http://www.ofs.it/index.php?option=com_content&view=article&id=332


Jesi: un città marchigiana dalle antiche e profonde radici francescane.
Secondo la tradizione, il Santo d’Assisi vi sostò nel 1215, lungo il cammino di rientro da Ancona verso l’Umbria.
La storia ufficiale ricorda che questa terra diede i natali al Generale dell’Ordine Crescenzio Grizi, menzionato dalle Fonti quale sesto successore di Francesco nonché committente della biografia del Santo redatta da Tommaso da Celano nel 1246.
Fu sempre Jesi, nel ‘400, la sede di uno dei primi Monti di Pietà, istituiti dai francescani per combattere la piaga dell’usura.
Notevole fu anche la vicenda del laicato di ispirazione francescana, per merito della Confraternita del Buon Gesù, promossa da San Giacomo della Marca e operativa per oltre due secoli fino al ‘600 nelle attività caritative e culturali.

La costituzione della Fraternità terziaria di San Francesco d’Assisi è, invece, coeva alla nascita dell’omonimo convento dei frati minori, avvenuta nella contrada di Campolungo il 4 ottobre 1894, all’indomani del tumultuoso periodo delle soppressioni di epoca risorgimentale.
Da allora e sino ai nostri giorni, l’Ordine secolare ha mantenuto la sua sede nei locali del convento, a testimonianza di una ultrasecolare sinergia con la comunità dei frati.

Negli anni ’60 e ‘70 del secolo scorso, in concomitanza con la forte espansione urbanistica della contrada e l’istituzione della Parrocchia, la Fraternità terziaria conobbe una significativa crescita per attività e numero di membri.

Per diversi anni, prima dell’insediamento di altri movimenti ecclesiali, l’Ordine Francescano Secolare ha rappresentato, al fianco del primo giovane parroco Padre Ugolino Dottori,  un autentico  punto di riferimento per le tante famiglie provenienti da altre zone della città, che avevano deciso di trasferirsi nel nuovo quartiere.

Tale periodo è stato segnato dal servizio della professoressa Alda Marasca - Ministra per oltre 25 anni, più volte chiamata ad incarichi regionali e nazionali nel T.O.F. - distintasi per la letizia, l’intraprendenza e la tenacia, nonostante le limitazioni derivanti da un grave handicap motorio.

Negli ultimi tre decenni, la sollecitudine verso i poveri e gli emarginati ha fortemente caratterizzato il cammino della Fraternità, soprattutto a motivo dell’impegno diretto di alcuni fratelli in un’attività di  recupero di materiali usati e nello sgombero di cantine e soffitte.
L’inconsueta iniziativa – resa possibile con l’utilizzo di un curioso Apecar ben conosciuto in tutta la città – ha consentito il sostegno concreto di moltissime realtà assistenziali in ambito locale e in terra di missione.

Oggi la Fraternità, costituita da 46 professi (tra cui alcune giovani coppie di coniugi) e 6 novizi – vive e collabora nel contesto parrocchiale al fianco di tante Associazioni laicali, sorte nel fecondo periodo post-conciliare.

Nella consapevolezza dell’importanza dell’utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione, la Fraternità si è dotata, da alcuni anni,  di un proprio sito web consultabile all’indirizzo www.ofsjesi.org

La condizione di “presenza esclusiva”, realizzatasi negli anni ’60, è ormai conclusa, ma la Fraternità viene ancora oggi riconosciuta dalle altre organizzazioni parrocchiali come una “sorella maggiore”, in virtù di una storia di durata incomparabile, sempre vissuta con umiltà e letizia.

Mauro Torelli

domenica 1 dicembre 2013

Iacobus de Marchia



Il tempo che precedette la Riforma protestante fu caratterizzato dalla solida e grandiosa opera di alcuni predicatori, fra loro uno fu davvero grande e venne anche scomunicato, si chiamava San Giacomo della Marca (1393-1476), la cui festa liturgica cade il 28 novembre. Fra il XIV e XV secolo la Chiesa era soggetta alle corruzioni e allo stesso tempo molti eretici andavano imbrogliando sia Fede che dottrina. Un poco di ordine, benché si stesse preparando il terreno sul quale avrebbe agito l’eresiarca Lutero, venne portato da questi impavidi predicatori.
Nato a Monteprandone (Ascoli Piceno), a 22 anni, in Santa Maria degli Angeli, prese il saio francescano dalle mani di San Bernardino da Siena. La sua vita fu di estrema penitenza. Si sottoponeva a sette quaresime durante l’anno e negli altri giorni i suoi pasti consistevano in una scodella di fave cotte nell’acqua.
Malato, ricevette sei volte l’Estrema Unzione, eppure resistette nella faticosa vita dei predicatori itineranti. Una cosa sola temette nella sua esistenza, che il dolore fisico lo distraesse dalla preghiera. Dalla catechesi di San Bernardino (intorno al quale si formarono altri valenti predicatori come San Giovanni da Capestrano, Alberto da Sarteano, Matteo di Girgenti) mutua le tecniche vocali e gestuali, i contenuti e la struttura del sermo, prediligendo la trattazione di temi etico-politici, utilizzando materiali provenienti dai testi della teologia morale e del diritto canonico; fa ampio uso di exempla, spesso presentati in forma drammatizzata; utilizza per lo più il volgare; si impegna nel sostenere la diffusione della devozione al nome di Gesù e insiste su alcuni obiettivi polemici ricorrenti: le pratiche superstiziose, il lusso, il gioco, la bestemmia, l’usura (ideò i Monti di Pietà per liberare le vittime degli usurai).
Le sue omelie sono tuoni che destano anche gli spiriti più recalcitranti. Esse si nutrono di riferimenti biblici, ma il santo prende spunti anche dalla scrittura dantesca. Nessuno può sonnecchiare o distrarsi quando si assiste a queste prediche di formidabile efficacia, dall’andamento anche teatrale, ma che spesso raggiungono lo scopo: convertire. È un francescano fuori dal comune per la sua signorilità: sicuro e determinato, sa conciliare carità e fuoco del Giudizio di Dio; è teologo e inquisitore severo, ma pietoso. La sua predicazione, oltre a suscitare fin da subito apprezzamento ed entusiasmo da parte dei fedeli, si traduce in riforme degli Statuti di alcune città e in numerose fondazioni di confraternite. Dal 1423 al 1425 predica a più riprese nella zona di Jesi, dove sono presenti gruppi aderenti alla setta dei fraticelli e nel 1426 Papa Martino V lo incarica di predicare contro questa setta in tutta Italia e viene affiancato dal confratello Giovanni da Capestrano.
Nel 1432 è inviato in Europa orientale e i suoi successi non si fanno attendere, così, alla fine del 1435, Sigismondo di Lussemburgo, re di Ungheria, lo vuole nella sua residenza di Tata, presso Buda, come consulente nell’incontro tra i delegati del Concilio di Basilea e i rappresentanti del Regno di Boemia, nel quale era ancora viva l’eresia hussita. Da quel momento la sua azione antiereticale si estende dalla Bosnia all’Ungheria, dove predica contro gli hussiti in fuga dalla Boemia.
Nell’agosto del 1436 il Papa lo nomina inquisitore di Austria e Ungheria concedendogli ampi poteri e permettendogli di erigere nuovi conventi in quelle terre. L’appoggio dell’Imperatore e del Pontefice, oltre che il titolo di legatus del Concilio di Basilea, non sono però sufficienti a garantirgli l’intoccabilità e non solo riceve persecuzioni da parte del clero locale, non solo tentano di ucciderlo più volte, ma subisce anche una scomunica da parte di Simone, arcidiacono di Bacs. Assunse anche il compito di predicare a favore della crociata contro i Turchi: a questo scopo nel 1443 fu nominato da Eugenio IV nunzio apostolico.
Venne proposto pure Arcivescovo di Milano, ma rifiutò l’incarico. Tra le attività dell’ultima fase della sua vita va ricordata la costituzione della biblioteca del convento di Santa Maria delle Grazie di Monteprandone, nella quale il Santo riuscì a radunare circa duecento codici; essi costituivano una vera e propria officina del predicatore, contenente modelli e abbozzi di sermoni, raccolte di passi scritturali, exempla e auctoritates teologiche e giuridiche. Tutto ciò serviva per combattere gli errori e salvare le anime. Oggi, sotto la tirannia del relativismo, San Giacomo della Marca non sarebbe considerato un combattente per la Fede, ma uno, probabilmente, da scomunicare, come qualcuno già all’epoca fece.

fonte: Corrispondenza Romana, Cristina Siccardi, Un santo scomunicato: Giacomo della Marca, 27 novembre 2013