martedì 22 marzo 2016

In ricordo di Padre Stefano Troiani



Perseo Troiani, al secolo Padre Stefano, il frate francescano umile e colto e dai modi gentili, si è spento sabato sera presso il presidio ospedaliero di Sassoferrato dov’era ricoverato da tempo.
Avrebbe compiuto novant’anni il prossimo due aprile (aveva programmato di festeggiare l’evento il giorno successivo nel Convento La Pace insieme alla “sua” comunità francescana, ai familiari e agli amici di sempre), ma le precarie condizioni di salute, l’età avanzata e un cuore “ballerino” e ormai stanco, glielo hanno impedito. Se n’è andato come ha sempre vissuto, in punta di piedi, con la discrezione, la serenità e la sensibilità del suo carattere mite e schietto. E’ uscito di scena alla sua maniera, a “fari spenti”, in compagnia dei suoi pensieri profondi e della sua anima nobile.
Schivo, timido, poco amante delle luci della ribalta, Padre Stefano è stato, in realtà, il faro che ha guidato, avvicinato e coinvolto, con le sue intuizioni e i suoi progetti culturali, tanti giovani talenti, soprattutto del mondo delle arti visive, non pochi dei quali si sono poi affermati in ambito nazionale e oltre. Autentica icona della cultura sassoferratese, Troiani ha legato il suo nome alle più prestigiose iniziative di carattere culturale, artistico, letterario, storico e religioso degli ultimi sessant’anni di storia della Città. La sua opera, condotta con intelligenza, competenza, passione, modestia e umanità, ha contribuito a dare lustro all’immagine di Sassoferrato a livello regionale, nazionale ed internazionale quale luogo di promozione e affermazione dei più alti valori della creatività, dell’intelletto, delle scienze umane e dell’arte. Per questi motivi il Comune lo aveva insignito, nel 2004, della onorificenza di “Cittadino Benemerito”.
Troiani aveva diretto per circa quarant’anni la Rassegna Internazionale d’Arte/Premio “G.B. Salvi” di Sassoferrato ed era stato tra i fondatori dell’Istituto Internazionale di Studi Piceni della città sentinate (di entrambi era attualmente presidente onorario).  A lui si deve anche l’istituzione del locale Museo delle arti e tradizioni popolari. Per lunghi anni era stato direttore della Biblioteca comunale e del Museo civico archeologico. Aveva fondato, inoltre, l’Istituto per la religiosità popolare e il folklore nelle Marche, con sede in Serra de’ Conti, il Centro regionale per la storia dei movimenti sociali cattolici e la resistenza nelle Marche e l’Istituto culturale Baldassarre Olimpo (questi ultimi due con sede a Sassoferrato).
Studioso instancabile, Padre Stefano si occupava di critica d’arte contemporanea, di storia, letteratura e tradizioni locali e, per questa sua vasta e qualificata attività, gli furono attribuiti prestigiosi riconoscimenti in ambito regionale e nazionale. Non meno significative le doti umane di Padre Stefano, tra le quali anche quella, oggi piuttosto rara, di saper ascoltare, ed è per questo motivo che molti si rivolgevano a lui per un aiuto o per consiglio: dallo studente desideroso di approfondire le proprie conoscenze, alla persona semplice, dal giovane intellettuale in cerca di occupazione all’artista affermato e così via. Erano in tanti a stimarlo e ad amarlo e lui sapeva ricambiare con affetto.
Non a caso, in occasione del suo 80° compleanno, gli fu dedicato un volume con oltre cento contributi di autori vari dal titolo “Scritti e opere in onore di Padre Stefano Trojani”, a cura di Galliano Crinella. Di recente Troiani aveva pubblicato una serie di raccolte poetiche, l’ultima delle quali “Tra i sensi e i pensieri”, venne presentata lo scorso diciotto dicembre a Palazzo Oliva. Fu, quella, l’ultima apparizione pubblica di Padre Stefano, alla quale, nonostante le cagionevoli condizioni di salute, volle partecipare. Quel giorno, a rendergli omaggio, c’era anche il sindaco Ugo Pesciarelli.
E proprio il primo cittadino oggi lo ricorda così: "La Città di Sassoferrato sarà sempre riconoscente a Padre Stefano Troiani per lo straordinario contributo culturale e umano che ha saputo offrire in un lungo periodo di tempo, anche in momenti storici difficilissimi, caratterizzati da una grave crisi economico-occupazionale, come quelli del dopo guerra e all’indomani della chiusura della miniera di Cabernardi, quando la gente, più che di cultura, aveva bisogno di un lavoro per poter sopravvivere.
Nemmeno quelle oggettive difficoltà, riuscirono a frenare l’entusiasmo e l’impegno di Padre Stefano, più che mai convinto, a ragione, che la diffusione dei valori legati alle attività culturali ed artistiche sono elementi determinanti per affinare la sensibilità degli individui e per promuovere quei principi etici e morali che costituiscono le fondamenta di una società civile ed evoluta. La sua perdita - sottolinea il sindaco - lascia un vuoto difficilmente colmabile nel panorama culturale della nostra regione".

fonte: www.viverefabriano.it

domenica 20 marzo 2016

“Liberami, Signore, prima dal peccato e poi dall’Abbadessato”




Zeinab Alif (Suor Maria Giuseppina Benvenuti) meglio conosciuta con l’appellativo la “Moretta” per il color ebano della pelle e per la sua origine africana, nacque nel 1845-’46 in un villaggio del Kordofan (Sudan). Ancora bambina, rapita dai negrieri arabi, fu venduta e rivenduta a crudeli padroni. Riscattata dal servo di Dio don Niccolò Olivieri, fondatore della Pia Opera del Riscatto delle fanciulle more, e condotta in Italia, il 2 aprile 1856 fu affidata alle Clarisse di Belvedere Ostrense (AN) per una formazione umana e cristiana. 
Il 24 settembre dello stesso anno ricevette i sacramenti dell’iniziazione cristiana e nel Battesimo assunse il nome di Maria Giuseppina e il cognome Benvenuti, della madrina. 
La consacrazione battesimale segnò per lei l’inizio di una vita più intima con Dio. 
Intelligente e vivace, sensibile e affettuosa, riuscì a modificare il suo carattere irrequieto facendosi umile e amabile. 
Attratta dall’ideale francescano, nella sua giovinezza si orientò verso la vita consacrata. 
Avendo una particolare disposizione per la musica, diventò in breve tempo una eccellente organista, superando il suo maestro per la tecnica perfetta e per le esecuzioni originali e piene di ispirazione. 
Il suono dell’organo rifletteva la sua squisita sensibilità psicologica e liturgica e le sue esecuzioni richiamavano all’ascolto rinomati musicisti e folle di popolo. 
Nel 1874 fece la vestizione religiosa e nel 1876, con la professione, si consacrò al Signore nell’Ordine di Santa Chiara. 
Nel 1894, in seguito alla soppressione del Monastero di Belvedere, si trasferì con altre consorelle nel Monastero di Serra de’ Conti. 
Qui divenne Vicaria, Maestra delle novizie e poi Abbadessa. Sapeva farsi amare e obbedire volentieri, affascinava coi suoi modi gentili. 
La sua umiltà le aveva ispirato il curioso ritornello che spesso ripeteva: “Liberami, Signore, prima dal peccato e poi dall’Abbadessato”. Tutti, però affermarono che esercitò l’incarico di Abbadessa con saggezza, competenza e impegno ammirevoli. 
Nei trentadue anni vissuti a Serra de’ Conti, Suor Maria Giuseppina, a giudizio di tutti, diede prova di grandi virtù: sempre disponibile alla volontà di Dio, anche nella sofferenza, fedelissima alla regola del monastero, immersa in Dio e nella preghiera, amorevole e paziente con tutti, soccorritrice e dispensiera di consigli e di aiuto anche economico a quanti ricorrevano a lei. 
Mai offese la carità fraterna e mai si lasciò sfuggire un lamento. A tutto ella dava il sapore del soprannaturale. 
Da autentica francescana, contemplò soprattutto i Misteri della salvezza e la sua ascesi spirituale fu guidata dall’Immacolata, che amò con amore filiale. Era solita dire:”Ricorrete a Maria, che vi aiuterà. Ponetevi sotto il suo manto e non temete”. 
Recitava con fervore il S.Rosario. Spesso ripeteva alle sue novizie:”Solo con questo mezzo riuscirete ad essere buone religiose”. 
Davanti al Crocifisso e all’altare dell’Eucarestia trascorreva le ore più belle della giornata. 
Pregava per tutti. Al sentire fatti delittuosi o l’ingratitudine degli uomini verso Dio, moltiplicava le sue penitenze e prolungava la sua adorazione. Con tenerezza infinita contemplava il Crocifisso. 
Altre sue devozioni: S.Giuseppe, S.Francesco, S.Chiara, S.Cecilia. 
Da S.Francesco apprese l’amore al Crocifisso, da S.Chiara l’ardore della preghiera, da S.Giuseppe la completa disponibilità, da S.Cecilia le meravigliose melodie, il rapimento in Dio. 
Aveva il culto della fraternità: preveniva le necessità delle consorelle e si adoperava in qualunque maniera per risparmiare con il proprio sacrificio la fatica degli altri. 
Specialmente negli ultimi anni di vita, ormai cieca, partecipò alla Passione di Cristo nel Corpo, mentre il suo spirito abbondava di celeste letizia nella certezza che presto avrebbe raggiunto il cielo. 
Morì la sera del 24 aprile 1926 e il giorno dopo, come aveva promesso ad una consorella, fece capire che era entrata nella felicità eterna di Dio. 
Di buon mattino, gli squilli di una campanella, non toccata da mano alcuna, fecero sobbalzare di gioia tutto il monastero e poi l’intero paese di Serra de’ Conti. Si gridò al miracolo e tutti ripetevano:”E’ morta la Moretta, è morta una santa!”. 
Nel 1985 il Postulatore Generale presentava a S.E. Mons. Oddo Fusi Pecci Vescovo di Senigallia (AN) la supplica per chiedere l’introduzione della Causa di Canonizzazione di Suor Maria Giuseppina.


Autore: Elisabetta Nardi, www.santiebeati.it



Interno del Monastero di Santa Maria Maddalena