domenica 19 maggio 2019

SanFra in festa 2019


Con Padre Aldo Marinelli, parroco dal 1990 al 1999





Lando e Dino, ospiti storici della Festa

Il pubblico assiste allo spettacolo di Lando e Dino

Frati scatenati



venerdì 10 maggio 2019

In compagnia di Frate Mago


Immerso nello scenario naturalistico dei Sibillini, tra i monti Priora e Castel Manardo, sorge il santuario della Madonna dell’Ambro, il secondo luogo di culto mariano, dopo Loretoil più antico delle Marche, eretto molto probabilmente intorno all’anno Mille in territorio di Montefortino. Questa oasi di pace religiosa ha riaperto le sue porte ai fedeli per la Santa Messa della notte di Natale del 2018 dopo essere stata chiusa a causa dei danni riportati dal terremoto del 2016.
Le prime notizie del santuario risalgono ad una pergamena del 1073 che attesta l’esistenza di una chiesa della Vergine in una località detta “Amaro” che per un’errata trascrizione di un amanuense si trasformò in “Ambro”. Fino al 1434 la Chiesa fu retta dai monaci benedettini.

Nel 1602 l’edicola divenuta troppo piccola e danneggiata dall’usura del tempo, fu ricostruita più grande incorporandovi la precedente in modo che l’immagine della Madonna, attraverso un ampio finestrone, apparisse come pala dell’altare maggiore. 
Il Santuario dal 1890 è gestito dall’Ordine dei Frati Minori Cappuccini che tutt’oggi ne sono attenti e premurosi custodi.

All’interno della chiesa ci sono dipinti di Sibille, a testimonianza di quanto la tradizione della Sibilla sia così radicata negli abitanti di questa terra. Nel passato il sacro ed il profano si intrecciavano continuamente e senza traumi; solo in epoca recente è avvenuta questa connotazione negativa e demoniaca.
Nella cappella dietro l’altare maggiore, Martino Bonfini da Patrignone,  intorno all’anno 1610 dipinse un ciclo ad olio su muro con sei storie della Vergine, dodici Sibille e quattro Profeti. Le sei storie della Vergine sono raffigurate in riquadri grandi con ai lati due fasce ornate di stucco contenenti figure di diversa grandezza di Angeli, Sibille, Re e Profeti. Bonfini ha scelto i quattro profeti più rappresentativi (Mosé, David, Salomone e Geremia) dipingendoli presso i quattro angoli della cappella a grandezza naturale segnando sul piedistallo il loro nome a grandezza naturale. 
I profeti hanno preannunciato la nascita del Messia da una madre Vergine mentre le Sibille, profetesse pagane, hanno predetto l’avvento di un nuovo regno. Nella maggiori opere d’arte del Rinascimento le Sibille, generalmente, si accompagno ai profeti. Nella cappella interna della Madonna dell’Ambro, Bonfini ne raffigura dodici: Sibilla Erithea, Sibilla Cumana, Sibilla Agrippa, Sibilla Ellespontica, Sibilla Delfica, Sibilla Chimica, Sibilla Libica, Sibilla Samia, Sibilla Persica, Sibilla Frigia, Sibilla Tiburtina. Soltanto una è stata dipinta senza motto e senza nome con gli occhi rivolti all’affresco della nascita di Maria e l’indice della mano destra puntato verso quello dell’Assunzione. Potrebbe trattarsi della Sibilla dei Monti Sibillini, detta anche Europea.
fonte: destinazionemarche.it


Ore 3,36 del 24 agosto 2016. Padre Gianfranco Priori e altri quattro frati cappuccini, suoi confratelli, dormono profondamente dopo una giornata densa di impegni pastorali, come succede sempre d’estate al santuario della Madonna dell’Ambro, alle pendici dei Monti Sibillini. Ma nel cuore della notte Montefortino, in provincia di Fermo, viene scosso da un sisma fortissimo, quello che devasterà il Centro Italia radendo al suolo Amatrice (nel Reatino) e molti altri paesi del Lazio e delle Marche.
«Mi sono svegliato all’improvviso, sentendo i calcinacci in testa e su tutto il corpo», ricorda il religioso, dal 2010 rettore della chiesa e superiore della comunità. «A un altro frate è caduta quasi addosso una parte del tetto, grazie a Dio schivando il letto in cui riposava. D’istinto sono andato in chiesa e ho visto cadere i gessi e le strutture portanti; c’era moltissima polvere e stava per crollare la volta, mentre l’abside era quasi staccata. Davanti a questa scena, ho detto: “L’Ambro è finito, è venuto giù”». Un momento di sconforto, mentre assisteva alla devastazione del santuario – uno dei più antichi delle Marche e fra i più visitati, dopo Loreto – che prende il nome dal vicino torrente. Qui nell’anno Mille la Vergine apparve alla pastorella Santina, bambina sorda e muta dalla nascita, che pregava e portava fiori a un’immagine mariana nella cavità di un faggio, forse una quercia; guarita, la piccola raccontò l’accaduto. Da allora il luogo è diventato meta di pellegrinaggi. Che da due anni a questa parte, però, sono notevolmente diminuiti, dato che il santuario è ancora chiuso per i lavori di messa in sicurezza. «Grazie a un milione e 100 mila euro, donati da un privato, potremo riaprire il giorno di Natale», anticipa padre Gianfranco.

FRATI TERREMOTATI

Invece il piccolo convento attiguo alla chiesa resta ancora inagibile, al momento; ci vorranno 200 mila euro per rimetterlo in sesto e il frate cappuccino confida nella generosità dei fedeli. Dal 24 agosto del 2016 lui e i confratelli si sono trasferiti ad Amandola, paese vicino, dove la struttura dei Cappuccini aveva subito lesioni non importanti. «Due anni fa con altri due frati abbiamo condiviso per 20 giorni la vita degli sfollati, dormendo con loro al Palasport, in una tensostruttura, guardandoci negli occhi e sperando», racconta. E poi ha cominciato a visitare i terremotati presso gli alberghi della costa adriatica, offrendo loro «un’ora di letizia francescana» con il suo spettacolo.
Sì, perché indossando sempre il saio padre Priori si trasforma in frate Mago «che cerca nel cilindro qualche colore per far sorridere. Un’esperienza bellissima, quella di annunciare anche nel terremoto il Vangelo della gioia. Abbiamo anche pianto e sofferto insieme. Non ho più detto che era finita, come avevo fatto nel primo momento iniziale: la fede ha fatto ricomprendere la vita. E anche un gioco di prestigio può ridestare la capacità di guardare avanti. Tutto concorre al bene, come scrive san Paolo».
Con un mazzo di carte o cordicelle, cerchi o fazzoletti, il frate Cappuccino sa incantare grandi e piccoli, persone semplici o colte. Un’arte che negli anni lo ha portato in giro per l’Italia e per il mondo, fra piazze e teatri, raccogliendo anche fondi per le missioni. L’avevamo intervistato quasi quattro anni fa per Credere e quelle pagine ora chiudono il volume pubblicato di recente dalle Paoline, scritto dal giornalista Vincenzo Varagona.
Classe 1953 e marchigiano doc, fra Gianfranco ogni domenica d’agosto alle 11 celebra la Messa all’aperto, nel luogo dell’apparizione. Quando il tempo è inclemente, la celebrazione eucaristica si svolge in un salone adibito a cappella, messo a disposizione da un ristorante vicino al santuario che ha retto alle scosse.

LA LUCE DI MARIA

  
Intanto la preghiera e la devozione non si fermano, nonostante il terremoto: «Dalle macerie Maria è stata un faro di luce che ha rischiarato le tenebre. In tanti sono venuti e vengono a ringraziarla, a dire il Rosario. Una signora ha fatto realizzare a Ortisei una copia in legno della Madonna dell’Ambro, per grazia ricevuta. Ogni giorno alle 11 celebro la Messa e a seguire presiedo una liturgia di benedizione con l’acqua santa: 15 minuti per dire bene di Dio e della nostra vita, in mezzo ai tumulti quotidiani, nonostante i problemi. Lui è innamorato di ciascuno». E, proprio grazie al sisma, aggiunge, «abbiamo fatto esperienza di paura, ansia, preoccupazione, segni negativi che restano indelebili. E, allo stesso tempo, di fragilità accolta, condivisione, del farci più vicini a coloro che soffrono. S’impara a comprendere che si cammina solo insieme e a non essere mai – soprattutto noi sacerdoti – coloro che parlano del castigo di Dio che ha giudicato male la nostra terra e ci ha puniti. Al contrario, occorre evangelizzare la speranza, rimanendo come Maria sotto la croce a tergere le ferite e ad accompagnare le persone in ogni situazione. Perché la Chiesa è pastore ma anche pecora, inserita nella realtà quotidiana non per puntare il dito ma per indicare il Vangelo, la lieta notizia: Dio in ogni situazione non si è dimenticato di te».
fonte: Famiglia Cristiana