martedì 2 agosto 2016

Alle pendici di Colle Paradiso



Da alcuni mesi, all'interno degli spazi espositivi di Palazzo Pianetti, ha trovato degna collocazione un affresco del XVII secolo, di autore ignoto, proveniente dall'antica chiesetta del S. Crocifisso situata alle pendici di Colle Paradiso, nella zona di nuova urbanizzazione di via degli Appennini.

L'opera d’arte in questione è di proprietà privata ma è stata concessa in deposito temporaneo al Comune di Jesi per la durata di un quinquennio, a fronte dell’assunzione dell'impegno, da parte dell'Ente, di consentirne la pubblica fruzione;

Da una rapida consultazione dell'archivio storico di Voce della Vallesina, risulta che in almeno due occasioni (n. 32 del 2008 e n.9 del 2012) il settimanale si è occupato della condizione di fatiscenza dell'edificio religioso, costruito nel 1629 per volontà della Famiglia Piergentili e, successivamente, passato in  proprietà alla Famiglia Grilli.

Fino alla seconda metà del secolo scorso, la chiesetta fu officiata, nelle feste maggiori, dai Frati Minori del Convento di Campolungo (l’attuale via San Francesco).

L’affresco in questione raffigura il Cristo crocifisso affiancato da San Francesco d’Assisi stigmatizzato e da San Domenico di Guzman, entrambi in atteggiamento contemplativo.

Non ho competenze per una valutazione estetica dell’opera (peraltro ritenuta dagli esperti di pregevole realizzazione), ma credo che possa essere tentata un’analisi di alcuni contenuti  iconografici nonché del contesto storico di riferimento.

La raffigurazione congiunta dei due Santi ha precedenti illustri nel Quattrocento (Beato Angelico e Benozzo Gozzoli immaginarono l’abbraccio fraterno tra Francesco e Domenico) e si carica di un forte valore ideologico.

Ricordiamo che, nel XIII secolo,  la nascita pressoché contemporanea dell’ Ordine francescano (anno 1209) e dell’Ordine domenicano (anno 1214) segnò una svolta profonda nella Chiesa, in un periodo contrassegnato da dirompenti fenomeni ereticali.

Lo stesso Dante, nei canti XI e XII del Paradiso, riconobbe il ruolo provvidenziale di entrambi i Santi fondatori:

L’un fu tutto serafico in ardore;
l’altro per sapïenza in terra fue
di cherubica luce uno splendore




D’altra parte, dopo la morte dei due Santi, nella fase di crescita impetuosa di entrambi gli Ordini, non mancarono attriti e incomprensioni tra francescani e domenicani, dettati da uno spirito di concorrenza in ambito ecclesiale. A testimonianza di quel clima, ricordiamo, ad esempio, che i domenicani per molti anni posero in dubbio la veridicità del miracolo dell’impressione delle stigmate sul corpo del Santo di Assisi.

La raffigurazione congiunta di Francesco e Domenico va, dunque, interpretata come simbolo di concordia e pacificazione tra gli Ordini, nel rispetto della volontà dei fondatori.

L’affresco della chiesetta del S. Crocifisso enfatizza tali sentimenti anche per la realtà jesina, caratterizzata – non a caso – dalla presenza di numerose comunità religiose di ispirazione francescana e domenicana.

Per i seguaci jesini di Francesco, il Seicento fu, indubbiamente, un secolo di grande splendore.
Pur nella divisione interna tra le varie obbedienze, l’Ordine maschile poteva contare su tre insediamenti: i Conventuali a San Floriano, i Minori dell’Osservanza a San Francesco al Monte (nell’area dove oggi è presente la Casa di Riposo) e i Cappuccini a San Michele (nella zona dell’attuale palestra Carducci).

Il ramo femminile della Clarisse fu, invece,  attivo nei conventi di Santa Chiara (Appannaggio) e della SS. Annunziata (ex Cuppari di vicolo Angeloni).

Nella stessa epoca, i domenicani abitarono il convento di via Valle cui era annesso un ospedale.

Il dipinto della chiesetta del S.Crocifisso sembra riflettere un sentimento di raggiunto equilibrio fra le due comunità religiose di origine mendicante.

Nel Seicento l'obiettivo prioritario di francescani e domenicani, in linea con i dettami del Concilio di Trento, deve essere quello di contrastare la riforma luterana, mediante una autentica testimonianza di vita religiosa.


                                                                                                           Mauro Torelli


Immagine di San Francesco (prima del restauro)




L’iconografia del Cristo rimanda in maniera abbastanza precisa a quello di Tiziano che si trova ad Ancona, realizzato nel 1558/59 proprio per la chiesa di S. Domenico.  Salvo poche varianti, il Cristo ricalca l’illustre modello nell’anatomia del corpo, nell’abbandono delle membra e del capo coronato di spine. I due Santi non sono posti in relazione tra loro, ma dialogano solo con il Crocefisso. S. Francesco è rivolto di  3/4 per mettere in risalto il profilo appuntito della barba e la linea adunca del naso. Più convenzionale è l’immagine di S. Domenico  rivolto verso l’esterno ma con lo sguardo perso nella rievocazione della morte del Cristo.  Riguardo ai riferimenti formali, l’impostazione massiccia delle due figure, il taglio “roccioso” del ginocchio destro di Francesco, insolitamente rappresentato come un uomo di mezza età; l’esatto aprirsi a metà del mantello di Domenico come una cortina o un sipario, in una posizione più statuaria che pittorica, rimandano invece ad un modello centro italiano. Come prima impressione direi che le 2 figure sono tratte da precisi modelli a cui con una più attenta analisi, non dovrebbe essere difficile risalire.


Il significato dell’opera è addirittura trasparente: non solo la semplice presenza di S. Francesco e di S. Domenico ai piedi della Croce rimanda al clima controriformistico, ma a ribadire il concetto si pone la posizione delle mani dei due Santi con le palme rivolte verso l’alto nel gesto detto della “dimostrazione”. I 2 Santi fondatori  invocano la Passione di Cristo come unico faro per l’interpretazione dell’ortodossia cattolica contro tutte le eresie. Il problema per noi contemporanei è che, in trasparenza a queste immagini, affiora l’Inquisizione i cui tribunali vennero affidati proprio ai due Ordini. La meraviglia semmai nasce dalla collocazione così periferica dell’affresco, in una chiesina che sicuramente non aveva legami con l’Inquisizione.

Loretta Mozzoni


Immagine di San Francesco (prima del restauro)



L'affresco dopo il restauro


Corriere Adriatico, 28 luglio 2016





La luna di Padre Pierpaolo


Importante riconoscimento per Padre Armando

Voce della Vallesina, 24 luglio 2016