sabato 31 dicembre 2022

In ricordo di Benedetto XVI

 



Nel giorno della morte, ricordiamo Papa Ratzinger pubblicando l'articolo  di Lorenzo Bertocchi dal titolo "Benedetto XVI a La Verna, il discorso che non ci fu", tratto dalla Nuova Bussola Quotidiana del 6 aprile 2014


Lo scorso 26 marzo i frati francescani de La Verna sono scesi dalla montagna per incontrare il Papa emerito. «Se il papa non può andare alla montagna è la montagna che viene al papa», così ha detto Fr. Massimo Grassi, padre guardiano de La Verna, per ricordare la mancata visita di Benedetto XVI del maggio 2012. Durante la visita pastorale ad Arezzo, La Verna e San Sepolcro il maltempo, infatti, impedì al Papa di salire al Sasso Spicco della Verna.


I frati hanno incontrato anche Papa Francesco nel corso della tradizionale udienza del mercoledì, con lui la conoscenza risale nientemeno che alla prima messa pontificale, quando volle proprio i frati de La Verna a servire all'altare. Nel pomeriggio, invece, l'incontro con il papa emerito. Le immagini ci mostrano Joseph Ratzinger in buona forma, lo stesso P. Grassi ha dichiarato di aver trovato «un uomo molto lucido che sa di avere una missione diversa da quella precedente: non più governare la Chiesa, ma pregare per essa».


Insieme al sindaco di Chiusi i frati hanno consegnato a Benedetto XVI alcuni doni che erano a lui destinati nel maggio 2012. Quel 13 maggio il Santo Padre avrebbe dovuto pronunciare un discorso che però non fu mai tenuto proprio a causa della mancata visita. In quella bella meditazione sulla contemplazione del Crocifisso si legge un passo di S. Bonaventura da Bagnoregio, un dottore della Chiesa molto amato da Ratzinger. Un passo interessante sul coinvolgimento interiore nel rapporto con Dio.


«Non è infatti con l’orgoglio intellettuale della ricerca chiusa in se stessa che è possibile raggiungere Dio, - si legge nel discorso mai pronunciato - ma con l’umiltà, secondo una celebre espressione di san Bonaventura: “[l’uomo] non creda che gli basti la lettura senza l’unzione, la speculazione senza la devozione, la ricerca senza l’ammirazione, la considerazione senza l’esultanza, l’industria senza la pietà, la scienza senza la carità, l’intelligenza senza l’umiltà, lo studio senza la grazia divina, lo specchio senza la sapienza divinamente ispirata”».


La Croce di Cristo è il “luogo” eletto per una contemplazione che «è opera della mente, ma non riesce a librarsi in alto senza il supporto, senza la forza dell’amore». Questo è quello che S.Francesco ha vissuto perfino nella sua carne.


La figura del Santo di Assisi viene tratteggiata da Benedetto XVI in modo chiaro quando, in quel discorso mai tenuto, sottolinea che la sua sequela, imitatio e conformatio Christi «dice anche a noi che non basta dichiararsi cristiani per essere cristiani, e neppure cercare di compiere le opere del bene. Occorre conformarsi a Gesù». La Passione del Signore che culmina nella crocifissione ricorda, tra l'altro, che «è il sacrificio della Croce che cancella il nostro peccato, una mancanza che può essere colmata solo dall’amore di Dio». L'Amore chiede solo di essere riamato.


Nel 2007, durante la sua visita ad Assisi, Benedetto XVI ricordava come «l'effetto purificante e sanante [della misericordia] si realizza se c’è nell’uomo una corrispondenza di amore». La misericordia, tuttavia, «non cambia i connotati del peccato». Per Gesù – diceva papa Ratzinger nel 2007 - «il bene è bene e il male è male» e la corrispondenza di amore che libera l'uomo dal peccato «implica il riconoscimento della legge di Dio, il pentimento sincero, il proposito di una vita nuova». A scanso di equivoci – specificava il Papa - è da notare che la misericordia di Gesù non si esprime mettendo tra parentesi la legge morale.

Il magistero di questo straordinario Papa è una ricchezza importante per la Chiesa, anche Papa Francesco nella sua intervista al Corsera ha ribadito che la «sua saggezza è un dono di Dio» e che il Papa emerito «non è una statua in un museo», ma «è un istituzione».

Vederlo tra i frati de La Verna è stata una bella occasione per leggere, o rileggere, un discorso mai pronunciato, parole di “un nonno” i cui consigli – ha detto Papa Francesco - «danno forza alla famiglia».

giovedì 13 ottobre 2022

1962: il Papa terziario in visita a Jesi

 



Papa Giovanni si era alzato a notte fonda e pensò che avrebbe dovuto affrontare una giornata molto intensa.

Rivolse una preghiera a Maria e a Francesco, come per annunciare che, appena qualche ora dopo, si sarebbe presentato nelle loro case. Aveva bisogno della loro intercessione, in vista dell’imminente apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II.

Un treno, messo a disposizione dal Presidente della Repubblica Antonio Segni, lo stava aspettando nella piccola stazione vaticana per le ore 6.30.

Era la prima volta che un Pontefice utilizzava un convoglio ferroviario, con partenza dai Sacri Palazzi.

Amintore Fanfani, Presidente del Consiglio in carica, lo avrebbe accompagnato durante il viaggio, salendo dalla stazione Tiburtina.

Il tragitto avrebbe segnato soltanto due tappe, a Loreto e ad Assisi, con successivo rientro a Roma nella serata dello stesso giorno: 4 ottobre 1962, festa del patrono d’Italia.

Settecento chilometri di strada ferrata, durante i quali l’ottantunenne Papa, già malato, sarebbe rimasto continuamente affacciato al finestrino per ammirare il paesaggio umbro-marchigiano ma, soprattutto, per rispondere al saluto affettuoso delle migliaia di persone che avevano invaso le stazioni.

Orte, Terni, Foligno e poi Jesi dove lo attesero in 15 mila.

Sulla banchina di viale Trieste, presenziò il Vescovo Giovanni Battista Pardini, attorniato dal Capitolo e dai sacerdoti della Diocesi di San Settimio.

Il Vicesindaco Vittorio Massaccesi, partecipò all’evento in rappresentanza della Giunta Borioni.

Racconta l’anonimo cronista di Voce della Vallesina (ma è palesemente riconoscibile lo stile del Direttore don Costantino Urieli): “Chi è rimasto nelle proprie case? Le fabbriche, le officine, i negozi si sono chiusi, mentre le sirene delle fabbriche fischiavano, le campane delle chiese squillavano e il campanone di Palazzo della Signoria scandiva il momento storico che Jesi stava vivendo”.

In effetti, l’ultima visita di un Papa a Jesi risaliva ad oltre un secolo prima, allorquando il 25 maggio 1857 Pio IX fu accolto in città su invito del Cardinale Luigi Morichini. Evento di forte impatto, non solo per ragioni spirituali, ma anche per le sorti economiche del territorio: Papa Mastai colse l’occasione per comunicare che il tracciato della ferrovia di collegamento tra Roma e l’Adriatico (all’epoca in fase di progettazione),  avrebbe sicuramente attraversato la valle del fiume Esino.

Profondamente diversi, nel 1962, il contesto storico e il ruolo del Papa: “Non era il Sovrano di uno stato terreno, quale lo videro e lo acclamarono gli jesini 105 anni or sono. Ora era il Sovrano di tutto il mondo; di un mondo e di una società nuova che in umiltà di spirito e in gesto di infinito amore raccoglieva ed interpretava ufficialmente, quale Vicario di Cristo, le ansie e le speranze di tutta l’umanità”.



A tutt’oggi, si trattò dell’ultimo transito di un Papa nella nostra terra: “Un passaggio rapido e fugace – scrive, ancora Voce – ma nel cuore di tutti è rimasta la dolcezza di quel sorriso buono e paterno, di quella benedizione ampia e cordiale. Il Papa ha benedetto Jesi. Nel suo gesto calmo e sereno, nella profonda semplicità del suo sguardo colmo di amore verso la città di Pergolesi, un nuovo cammino, un nuovo auspicio di pace e di bene si è aperto per Jesi e per la Vallesina ”.

Il treno proseguì per Ancona, per poi raggiungere Loreto e la Santa Casa di Maria di Nazareth (chiamata da Papa Giovanni con l’appellativo di “Prima stella del Concilio”) e, di seguito, Assisi (“Qui siamo veramente alle porte del Paradiso”).

Attorno a mezzanotte, rientrato a Roma, il Papa annotò nel suo diario: «Questa è data da scriversi aureo colore nella mia vita: il pellegrinaggio che volli fare - e pochi giorni bastarono al concepirlo, al farlo e a riuscirvi con l’aiuto del Signore - alla Madonna di Loreto e a san Francesco di Assisi, come a implorazione straordinaria di grazia per il Concilio Ecumenico Vaticano II. Lo pensai, al solito, con semplicità, lo decisi: il cardinale Segretario di Stato se ne interessò con vivo trasporto. Scrivo questa nota al termine della giornata che di fatto resterà una delle più sante e felici del mio umile pontificato».

 

                                                                                            Mauro Torelli

domenica 18 settembre 2022

Nella grotta di San Francesco

 

Monte San Vicino: Grotta di San Francesco





Il San Francesco di Valeriano Trubbiani

Chiesa San Giuseppe: Sacra Conversazione (particolare): da sinistra San Pietro, San Francesco, Santa Lucia, Sant'Antonio da Padova, Santa Rita, San Settimio) - anno 2002

Valeriano Trubbiani nasce a Macerata nel 1937. Al contrario di altri artisti marchigiani del Novecento emigrati altrove, preferisce un destino di solitudine critica. Eredita dal padre la passione per la lavorazione dei metalli e nella seconda metà degli anni ‘50 comincia a lavorare nella bottega paterna a Villa Potenza (frazione di Macerata). Nel 1956 si diploma all’Istituto d’arte di Macerata, mentre nel 1957-58 inizia a esporre come pittore e comincia a lavorare come scultore. Tiene a Macerata le sue prime personali di scultura e partecipa anche ad altre mostre. Nel 1959-60 frequenta la scuola di nudo dell’Accademia di Belle Arti di Roma.

Durante gli anni ‘60 continua a lavorare intensamente come scultore nell’officina paterna, scegliendo di dedicarsi definitivamente a quest’attività, ma anche alla scenografia e alla grafica. Il 1962 è decisivo per l’orientamento iniziale del suo lavoro di scultore: le sue opere acquistano sempre più un carattere meccanico-bellico. Per Trubbiani l’arte deve provocare ferite e i suoi temi più distintivi sono le città assediate, la crudeltà della tecnologia, i bestiari e i racconti favolistici, i minacciosi paesaggi urbani. Spesso rappresenta elementi e situazioni belliche e di aggressione, come incrociatori, aerei, guerrieri, elmi, armi, corazze, tutti connessi al ricordo della guerra e dei bombardamenti a Macerata. Nel 1966 partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia. Nel 1968 si sposa e si trasferisce da Villa Potenza ad Ancona, dove si stabilisce definitivamente nel 1976.



Continua a essere vivace la partecipazione a mostre in Italia e all’estero, tra cui la Biennale di Venezia e la Quadriennale romana nel 1972. Nel 1980 inizia a sviluppare il ciclo dei Racconti di mare: hanno origine le sculture su temi di mare, di corazzate e di navigazione armata, un ciclo che si arricchisce nel tempo. A fine anno, Fellini richiede la sua collaborazione per realizzare una nave da guerra per il film E la nave va (1983). Nei primi anni ‘80 insegna scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata, rifiutandone la nomina a direttore nel 1983.



Nel 1990 avvia un ciclo di disegni dedicato a Ciriaco Pizzecolli: la prima significativa raffigurazione trubbianea della città di Ancona. Tra le iniziative realizzate dall’artista, numerose sono quelle permanenti nella città dorica: per citarne alcune, Mater Amabilis, in piazza Pertini; la Croce del millenario, realizzata per celebrare il millenario della Cattedrale di San Ciriaco; il sipario tagliafuoco, installato nel Teatro delle Muse. Nel 2012-2013, presso la Mole Vanvitelliana, è allestita una sua grande antologica dal taglio teatrale, intitolata De rerum fabula.

Trubbiani muore nel 2020.


fonte: Museo Omero

giovedì 25 agosto 2022

“Entrerò nella tua casa, o Signore, ti adorerò nel tuo tempio santo e glorificherò il tuo nome”


 

San Ludovico è identificato in Luigi IX sovrano di Francia. È noto come il “Re santo” ed è stato uno dei personaggi più illustri del Medioevo. Si dedicò alla diffusione del Vangelo, alla difesa della Chiesa e alla salvezza degli uomini nel nome di Dio. 

Nacque il 25 aprile 1214 a Poissy dall’unione di Luigi VIII e Bianca di Castiglia, donna pia e devota, a sua volta proclamata santa. S. Ludovico fu incoronato Re nel 1226 dopo la prematura scomparsa del fratello maggiore Filippo. L’educazione materna, improntata alla pietas e all’assenza di peccato influenzò Luigi IX che si dedicò ai doveri cristiani e a diffondere l’amore per Gesù nei suoi stati. 

Il suo regno fu improntato alla semplicità e si guadagnò il rispetto del popolo non con i fasti tipici della corona, ma attraverso le opere buone verso i poveri e un’equa amministrazione. Si sposò con Margherita, la figlia del conte di Provenza ed ebbe 11 figli ai quali trasmise la sua virtù e costanza nelle avversità. Condusse sempre una vita morale e austera, basata sui principi della Cristianità. 

Nel 1244, a quasi 30 anni, fu colpito da una febbre violenta. Il popolo si unì in un’ardente e collettiva preghiera a Dio affinché lo salvasse. S. Ludovico guarì e decise di guidare una crociata per liberare la Terra Santa. Vinse i Saraceni a Damietta, in Egitto, ma mentre si apprestava a raggiungere Gerusalemme, la pestilenza decimò l’esercito colpendo lo stesso Luigi IX.



In questo stato di debolezza, fu sconfitto e fatto prigioniero dai Turchi. Grazie a un accordo con i vincitori, San Ludovico riuscì a liberare i suoi soldati e a continuare il viaggio in Terra Santa seppur nelle vesti di pellegrino e predicatore della parola di Dio e non di Re liberatore.

Fece ritorno in Francia non appena gli giunse notizia della morte della madre. In patria si distinse per magnanimità: amministrò il governo e la giustizia con rettitudine e misericordia. A S. Ludovico si deve la fondazione della Sorbona e la costruzione della Sainte Chapelle. 




Il 14 marzo 1270 si mise a capo di una seconda crociata, ma ancora una volta lui e il suo esercito furono colpiti dalla peste nell’accampamento di Tunisi. Sentendo la morte vicina, S. Ludovico ricevette l’estrema unzione su un letto coperto di cenere e cilicio dove si era fatto adagiare con le braccia incrociate sul petto. Prima di spirare disse: “Entrerò nella tua casa, o Signore, ti adorerò nel tuo tempio santo e glorificherò il tuo nome”.


Morì il 25 agosto 1270 nella terra degli “infedeli”. Le sue spoglie furono esposte nella chiesa di Notre Dame e le esequie si svolsero il 22 maggio 1271. Papa Bonifacio VIII lo santificò nel 1297 come S. Ludovico e S. Luigi dei francesi. Lo scheletro si trova nella chiesa di Saint Denis.


fonte: Matteo Fantozzi, il sussidiario.net 


immagini della Sainte Chapelle (Parigi)


Dal «Testamento spirituale al figlio» di san Ludovico

Figlio carissimo, prima di tutto ti esorto ad amare il Signore Dio tuo con tutto il cuore e con tutte le tue forze. Senza di questo no c'è salvezza.
Figlio, devi tenerti lontano da tutto ciò che può dispiacere a Dio, cioè da ogni peccato mortale.
E' preferibile che tu sia tormentato da ogni genere di martirio, piuttosto che commettere un peccato mortale.
Inoltre, se il Signore permetterà che tu abbia qualche tribolazione, devi ringraziando, e sopportarla volentieri, pensando che concorre al tuo bene e che forse te la sei ben meritata.
Se poi il Signore ti darà qualche prosperità, non solo lo dovrai umilmente ringraziare, ma bada bene a non diventar peggiore per vanagloria o in qualunque altro modo, bada cioè a non entrare in contrasto con Dio o offenderlo con i suoi doni stessi.
Partecipa devotamente e volentieri alle celebrazioni della Chiesa. Non guardare distrattamente in giro e non abbandonarti alle chiacchiere, ma prega il Signore con raccoglimento, sia con la bocca che con il cuore. Abbi un cuore pietoso verso i poveri, i miserabili e gli afflitti. Per quanto sta in te, soccorrili e consolali. Ringrazia Dio di tutti i benefici che ti ha elargiti, perché tu possa renderti degno di riceverne dei maggiori. Verso i tuoi sudditi comportati con rettitudine, in modo tale da essere sempre sul sentiero della giustizia, senza declinare né a destra né a sinistra. Sta' sempre piuttosto dalla parte del povero anziché del ricco, fino a tanto che non sei certo della verità.
Abbi premurosa cura che tutti i tuoi sudditi si mantengano nella giustizia e nella pace, specialmente le persone ecclesiastiche e religiose. Sii devoto e obbediente alla Chiesa Romana, madre nostra, e al Sommo Pontefice come a padre spirituale. Procura che venga allontanato dal tuo territorio ogni peccato, e specialmente la bestemmia e le eresie.
Figlio carissimo, ti do infine tutte quelle benedizioni che un buon padre può dare al figlio. La Trinità e tutti i santi ti custodiscano da ogni male. Il Signore ti dia la grazia di fare la sua volontà, perché riceva onore e gloria per mezzo tuo e, dopo questa vita, conceda a tutti noi di giungere insieme a vederlo, amarlo e lodarlo senza fine. Amen.

sabato 18 giugno 2022

Fra Danilo Beciani, da oggi Diacono

 
















Per sessanta anni in servizio al Santuario di San Pasquale Baylon

 


Nel giorno della solennità del Corpus Domini, il giovedì 16 giugno 2022, solennità che richiama la presenza reale di Gesù nell’Eucaristia, la santa memoria di padre Rolando Maffoli torna alla casa del Padre.

Padre Rolando Maffoli è oggi nato al Cielo nel suo “dies natalis”, appunto la sua nascita in Cielo. Ma non riesco a gioirne, come pure dovrei, sopraffatto da intenso dolore per la sua scomparsa qui sulla terra. Tali e tanti ricordi mi legano alla sua memoria fin dalla mia gioventù. E sono sicuro di interpretare i sentimenti di stima e riconoscenza di tutta la popolazione ostraveterana (e non solo) per l’intensa opera da lui svolta in favore della comunità cristiana devota al santuario di San Pasquale Baylon in Ostra Vetere. Padre Rolando era nato a Serra Sant’Abbondio (PU), alle falde del Monte Catria, il 5 gennaio 1931.

Era entrato giovanissimo nell’Ordine dei frati minori di San Francesco, presso cui ha prestato la professione religiosa il 17 settembre 1956, per essere poi ordinato sacerdote il 10 novembre 1957. Poco tempo dopo è giunto a Ostra Vetere nel convento di Santa Croce, Santuario di San Pasquale Baylon, dove ha prestato la sua instancabile opera per oltre sessanta anni di ministero sacerdotale, più volte con la responsabilità di guardiano del convento, guadagnandosi la stima di tutti. Per questo è stato insignito della cittadinanza onoraria e gli è stato assegnato il “Premio San Giovannino” nell’anno giubilare 2000. Da Sindaco di Ostra Vetere ho avuto allora il piacere e, devo dire, il dovere di affidargli l’incarico di custode e poi di direttore della biblioteca comunale “Giuseppe Tanfani”, che ha encomiabilmente prestato per lunghi anni, prodigandosi anche in attività di sostegno scolastico a favore di tanti ragazzi del paese, cui impartiva gratuitamente lezioni di latino. 


Sue sono alcune pubblicazioni edite dal Centro di Cultura Popolare. Eccone l’elenco: - 7 - Alberto Fiorani, p. Rolando Maffoli o.f.m., Il processo del 1252 per l'incastellamento di alcune famiglie barbaresi a Montenovo, Ostra Vetere (AN) Centro Cultura Popolare, 1981, pp. 64; - 8 - p. Rolando Maffoli o.f.m., Ostra Vetere o Montenovo, Ostra Vetere (AN) Centro Cultura Popolare, 1981, pp. 52; - 22 - p. Rolando Maffoli o.f.m., Renzo Fiorani, Le suore figlie di Maria SS. dell'Orto, un secolo di assistenza a Ostra Vetere, Ostra Vetere (AN) Centro Cultura Popolare, 1989, pp. 52.

Svolse anche intensa attività di assistenza religiosa agli anziani nella colonia montana di Predazzo (TN) sulle Dolomiti, organizzata allora dal Comune. Poi è stato vice-parroco dell’abbazia di Santa Maria di Piazza e ha continuato lungamente a prestare attività di assistenza spirituale per i malati nell’anima, che accorrevano da tante località vicine e lontane al santuario di San Pasquale, invocando la benedizione esorcizzante e la grazia salvifica. E’ stata davvero una grande fortuna per il nostro paese che i superiori francescani gli abbiano consentito di rimanere sempre nel convento di Ostra Vetere, a servizio della nostra comunità locale. Grazie, padre Rolando, non dimenticherò e non dimenticheremo il tanto bene che hai voluto donarci. Riposa in pace nella gloria del Signore.


Fonte: Vivere Senigallia, autore Alberto Fiorani



domenica 10 aprile 2022

Gravissima perdita

 



Tra la figura di Francesco d'Assisi e il racconto della vita quotidiana dei cosiddetti anni bui, Chiara Frugoni ha portato nuova luce sul Medioevo. La studiosa è morta a Pisa, all'età di 82 anni: aveva insegnato alle università di Pisa, Roma e Parigi. La passione per la storia l'aveva ereditata dal padre, il medievista Arsenio: "Ricordo certi viaggi in lambretta con cui si andavano a vedere gli affreschi di Clusone sulla Danza macabra e il Trionfo della morte. Temi su cui mi sarei laureata. Non ho avuto dei maestri. Ma lui, anche se in modo distorto, lo è stato. Ho percorso una strada che papà aveva solo cominciato: l'attenzione all'immagine come fonte storica", aveva raccontato, intervistata da Antonio Gnoli per uno Straparlando. La figura paterna e la sua infanzia sarebbero state al centro del memoir Persino le stelle devono separarsi, uscito nel 2013 da Feltrinelli.

Nata a Pisa nel 1940, si era laureata alla Sapienza di Roma, approfondendo il tema iconografico dei Tre vivi e dei tre morti, dando il via così a un percorso di studi sui secoli tra la caduta dell'impero romano e il Rinascimento e incentrato in particolare sulla vita di Francesco d'Assisi. Su di lui pubblica una serie di titoli importanti, tradotti in più lingue: Francesco e l’invenzione delle stigmate (Einaudi, 1993); Vita di un uomo: Francesco d’Assisi (Einaudi, 1995); Le storie di San Francesco (Einaudi, 2010); Storia di Chiara e Francesco (Einaudi, 2011). Il dialogo interreligioso, il pacifismo, il contrasto con la società dell'epoca e la messa in pratica concreta del messaggio evangelico sono i caratteri evidenziati da Frugoni nella vita del santo: "Ha creato un ordine, ha rivoluzionato il rapporto con la società e rivisto le relazioni con la Chiesa - diceva -  Ha reso praticabile il dialogo tra le religioni ed effettuale la parola del Vangelo e questo già in pieno Medioevo".

Ma è il quotidiano del Medioevo il focus delle sue ultime pubblicazioni uscite dal Mulino in anni recenti con ricchi apparati iconografici. Come Vivere nel Medioevo. Donne, uomini e soprattutto bambiniUomini e animali del MedioevoPaure medievali Donne medievali. L'ultimo, in uscita a fine anno dalla stessa casa editrice, sarà sul tema del letto. Sono titoli che superano una serie di luoghi comuni legati a quell'epoca: dall'oscurantismo all'arretratezza. "Sono felice di aver contribuito a sfatare questa immagine - spiegava - Pensi a certi oggetti che sono stati inventati allora: gli occhiali, i bottoni che hanno fondato la moda, il mulino a vento, la forchetta, la forma del libro, i vetri, gli assegni, le note musicali. Sono le prime cose che mi vengono in mente. E poi c'è l'arte".

Proprio a un fondamentale ciclo di affreschi del Trecento come L'allegoria del buon governo di Ambrogio Lorenzetti - e a tutti i suoi significati politici più o meno nascosti - aveva dedicato un saggio definitivo: Paradiso vista Inferno, ancora edito dal Mulino. Frugoni ha fatto parlare la storia con le immagini, restituendo all'arte la dignità di un testo dal quale non si finisce di leggere e conoscere.

I funerali di Chiara Frugoni si terranno martedì 12 aprile, alle ore 16 nella chiesa di Santa Caterina a Pisa.


fonte: La Repubblica

domenica 13 febbraio 2022

Rugantino, tosto e matto

 


Proseguiranno fino a giugno le celebrazioni del quinto centenario della nascita di Papa Sisto V (Grottammare 1521 – Roma 1590).

La città di Montalto Marche gli dedica, in questo periodo, la mostra “Gloria e Memoria”, allestita a Palazzo Paradisi su progetto di Vittorio Sgarbi.

L’anniversario consente di ripercorrere alcuni aspetti della vita di questo Pontefice francescano, immortalato da Gioacchino Belli in un celebre sonetto satirico:

Fra ttutti quelli c’hanno avuto er posto
de vicarj de Ddio, nun z’è mmai visto
un papa rugantino, un papa tosto, 
un papa matto, uguale a Ppapa Sisto.

Il “Papa tosto”, restò in carica appena 5 anni (1585-1590), durante i quali si rese protagonista di una radicale trasformazione dell’assetto organizzativo della Curia romana e dello Stato Pontificio.


In una fase drammatica, caratterizzata dal progressivo consolidamento del protestantesimo, Sisto V divenne artefice di una politica di reazione controriformista, istaurando un nuovo sistema di governo per la Santa Sede.

Fissò a 70 il numero massimo dei Cardinali, riorganizzò la Segreteria di Stato mediante la creazione di 15 Congregazioni permanenti, ripristinò le visite “ad limina”, imponendo ai Vescovi l’obbligo di recarsi periodicamente a Roma per esporre al Papa la situazione delle diocesi. Tali misure, ispirate ad un disegno di accentramento e controllo, rimarranno in vigore per quasi quattro secoli, fino al Concilio Vaticano II.



Nel rispetto dell’austerità francescana, il Papa impose alla Curia romana un rigoroso stile di vita. Contrario ad ogni forma di lusso, pretese un comportamento sobrio anche dai suoi collaboratori. Per la sua tavola non si dovevano spendere più di cinque “giuli” al giorno (corrispondenti a 50 baiocchi, una vera inezia).

Con analoga intransigenza si dedicò alla riforma del fisco, attirandosi ineluttabili antipatie. La scarsa fiducia nei confronti dei gabellieri in carica, indusse il Pontefice a reclutare esattori di origine marchigiana, che si distinsero per solerzia e precisione.




Da quella scelta trae origine l’infamante proverbio secondo cui sarebbe «mejo 'n morto dentro casa cchè 'n marchisciano fori daa porta».

Del resto il Papa era particolarmente legato alla terra di origine e anche a Jesi per avervi vissuto, attorno ai 18 anni, un periodo decisivo della sua formazione religiosa.


Biblioteca Planettiana
Fondo biblioteca dei frati conventuali di San Floriano
 volume risalente al 1529


A differenza della maggior parte dei Pontefici provenienti da famiglie aristocratiche, Felice Peretti ebbe umilissime origini e all’età di 9 anni venne accolto nel convento dei frati minori di Montalto.

Nel 1536 emise i voti religiosi e tre anni dopo venne inviato al convento di San Floriano dove era attivo un importante Studio specializzato in Teologia, Filosofia e Morale.

Il convento godeva di eccellente considerazione anche per la presenza di una vasta raccolta di incunaboli e cinquecentine. Gli insegnamenti ricevuti a Jesi, contribuirono certamente alla crescita di Fra Felice che diventerà presto un autorevole predicatore e inquisitore.

Biblioteca Planettiana
Fondo biblioteca dei frati conventuali di San Floriano

Anche nel ruolo di Pontefice, Peretti incise sulle sorti di Jesi e del suo Contado, da tempo contrapposti in un aspro conflitto per ragioni tributarie. Nel 1586 i contadisti avevano addirittura chiesto al Papa lo scioglimento  (“dissolutionem societatis”) di ogni rapporto con la Città.

L’annosa lite trovò una provvidenziale composizione mediante il Breve di Concordia (1589) destinato a garantire una tregua fiscale per quasi un secolo.

 

                                                                                                  Mauro Torelli