sabato 18 giugno 2016

Apparve la Reina del cielo col suo Figliuolo benedetto in braccio, con grandissima chiarità di lume



Al tempo di questo santo frate Pietro, fu il santo frate Currado da Offida, il quale essendo insieme di famiglia nel luogo di Forano della custodia d'Ancona, il detto frate Currado se ne andò un dì nella selva a contemplare di Dio, e frate Pietro segretamente andò dirietro a lui per vedere ciò che gli addivenisse. E frate Currado cominciò a stare in orazione e pregare divotissimamente la Vergine Maria con grande pietà ch'ella gli accattasse questa grazia dal suo benedetto Figliuolo, ch'egli sentisse un poco di quella dolcezza la quale sentì santo Simeone il dì della Purificazione quand'egli portò in braccio Gesù Salvatore benedetto. E fatta questa orazione, la misericordiosa Vergine Maria lo esaudì: eccoti ch'apparve la Reina del cielo col suo Figliuolo benedetto in braccio, con grandissima chiarità di lume; e appressandosi a frate Currado, sì gli puose in braccio quello benedetto Figliuolo, il quale egli ricevendo, divotissimamente abbracciandolo e baciandolo e strignendolosi al petto, tutto si struggeva e risolveva in amore divino e inesplicabile consolazione. E frate Pietro simigliantemente, il quale di nascosto vedea ogni cosa, sentì nell'anima sua una grandissima dolcezza e consolazione. E partendo la Vergine Maria da frate Currado, frate Pietro in fretta si ritornò al luogo, per non essere veduto da lui; ma poiché quando frate Currado tornava tutto allegro e giocondo, gli disse frate Pietro: "O cielico, grande consolazione hai avuta oggi"; dicea frate Currado: "Che è quello che tu dici, frate Pietro, e che sai tu quello che io m'abbia avuto?". "Ben so io, ben so, dicea frate Pietro, come la Vergine Maria col suo benedetto figliuolo t'ha visitato". Allora frate Currado, il quale come veramente umile desiderava d'essere segreto nelle grazie di Dio, sì lo pregò che non lo dicesse a persona. E fu sì grande l'amore d'allora innanzi tra loro due, che un cuore e una anima parea che fusse infra loro in ogni cosa. E 'l detto frate Currado una volta, nello luogo di Siruolo, con le sue orazioni liberò una femmina indemoniata orando per lei tutta la notte e apparendo alla madre sua; e la mattina si fuggì per non essere trovato e onorato dal popolo. A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.

(Fioretti, cap. 42)




La Fraternità OFS di Jesi (San Francesco d'Assisi) in trasferta a Forano


Il rito dell'ammissione


Inizia il periodo di formazione per Amelia, Carla, Marco, Paola e Rosina



Il convento di Forano

La legnaia del convento




Refettorio del convento di Forano: il monito per i frati!



Il chiostro del convento di Forano



Haec est illa prisca janua dum hic adfuit S. Franciscus

Le origini del convento di Forano non sono storicamente documentate in maniera esauriente. Le maggiori informazioni provengono da fonti notevolmente posteriori all’insediamento dei francescani e devono essere recepite con le debite cautele. Nell’area occupata poi dal convento, o nelle sue vicinanze, tra XII e XIII secolo dovevano esistere degli insediamenti benedettini. Di certo era presente un ospitale detto de don Boni o di S. Bono e comunque anche le cronache francescane ricordano un ospizio benedettino. Il primo ad accogliere la tradizione del passaggio di S. Francesco nella selva di Forano, dove avrebbe fondato il convento e scavato una piccola fonte, era il venerabile Francesco Gonzaga nel suo De origine Seraphicae Religionis Franciscanae. Sulla scia delle indicazioni fomite dal Gonzaga, il Wadding precisava come la fondazione del convento francescano dovesse risalire al 1215. Secondo il padre Ciro da Pesaro intorno al 1215 S. Francesco, dopo aver predicato a Osimo, giungeva nella selva di Forano, dove trovava un piccolo ospizio di monaci abbandonato e cadente con annessa una chiesa dedicata all’Annunciazione di Maria. Il santo avrebbe occupato il luogo, ottenendo dalla comunità di Appignano otto some di terreno e dai nobili Silvestri di Cingoli arredi liturgici. Testimonianza materiale della presenza di S. Francesco sarebbe costituita per tradizione da un’antica porta in legno di quercia inserita nella facciata della primitiva chiesa, che è ora inglobata nella struttura dell’attuale convento. Il santo di Assisi avrebbe fatto il suo ingresso per tale porta e a memoria dell’avvenimento nell’architrave soprastante si legge: Haec est illa prisca janua dum hic adfuit S. Franciscus. Sullo stesso tratto di parete dell’antica facciata si conservano parti in affresco di un’Annunciazione, risalente di certo alla prima metà del Quattrocento. Verrebbe così confermata una dedicazione originaria alla Vergine annunciata, come riferito dal padre Ciro da Pesaro. Dal punto di vista della storia dell’arte il testo pittorico assume una grande importanza per essere una pregevole testimonianza del gotico maturo in area maceratese. Purtroppo risultano leggibili solo la zona di destra, con l’immagine della Vergine annunciata, e parzialmente la parte centrale con l’Eterno nella mandorla. L’area di sinistra, destinata ad accogliere la figura dell’Angelo annunciante, è stata purtroppo seriamente compromessa dalle opere di ristrutturazione occorse nei secoli XVII e XVIII. Comunque quel che rimane dimostra l’alta qualità espressa dall’autore attraverso una sapiente gestione degli spazi, non esente dalla ricerca di effetti illusionistici. Il tempietto poligonale, disposto tra l’Eterno nella mandorla e la Vergine, denuncia un forte horror vacui, che si accentua in misura maggiore grazie agli articolati profili delle colonnine tortili e dei pinnacoli. La sintonia un tempo esistente tra l’architettura reale dell’antico prospetto e lo spazio pittorico immaginato dall’autore è sottolineata dalla cornice a mensole, che delimita in alto l’affresco, e dallo zoccolo in basso, caratterizzato da marcate modanature. Recentemente la critica tende ad assegnare l’affresco a Giacomo di Nicola da Recanati, riconosciuto anche come l’autore della tavola raffigurante la Madonna con il Bambino, i beati Pietro da Treia e Corrado da Offida e santi, un tempo presso il sacello della Madonna degli Angeli di Forano e ora conservata nella parrocchiale di Treia . In realtà l’affresco di Forano sembra accostabile ad alcuni testi pittorici inseriti nel catalogo di Giacomo da Recanati e non ad altri. Una particolare vicinanza è ravvisabile con i lacerti in affresco dell’abside della cripta di S. Maria di Rambona, ma pare invece esistere una certa distanza con i frammenti, sempre in affresco, di S. Agostino e di S. Maria delle Grazie a Recanati. Tuttavia è possibile riconoscere il medesimo autore sia nell’Annunciazione di Forano che nella tavola della parrocchiale di Treia. Semmai è ancora da dimostrare che il pittore delle due opere sia effettivamente da riconoscere in Giacomo da Recanati. Ma prima di giungere a determinate conclusioni è necessario esaminare il dipinto di Treia, partendo dai racconti e dalle tradizioni che lo riguardano. La fama dell’insediamento religioso di Forano si deve a un evento miracoloso, narrato già dalle fonti francescane. Nella notte precedente il 2 febbraio 1289 la Vergine appariva, con il Bambino in braccio, a frate Corrado da Offida che era assorto in preghiera nella selva vicino al convento. Alla miracolosa visione assisteva, più in disparte, anche frate Pietro da Montecchio (o da Treia). In seguito a tale miracoloso evento veniva edificato un sacello dedicato alla Madonna degli Angeli, dove nella prima metà del XV secolo trovava collocazione la già menzionata tavola della parrocchiale di Treia. La chiesa e il convento venivano più volte restaurati tra XVII e XVIII secolo. L’altare maggiore era destinato a ospitare una grande pala attribuita a Pier Simone Fanelli e raffigurante la Vergine con il Bambino tra i santi Francesco, Chiara, Antonio da Padova e S. Pietro d’Alcantara . Il Fanelli, pittore tutto sommato ancora da studiare, probabilmente non era nuovo a iconografie francescane se è realmente da attribuire a lui un iconico dipinto raffigurante S. Francesco, conservato presso la Pinacoteca Civica di Recanati. Infine si segnalano presso il chiostro del convento, caratterizzato dalla presenza di un’antica cisterna dotata di un mirabile sistema per la raccolta delle acque, i frammenti di una decorazione pittorica incentrata probabilmente sulle figure di papi e cardinali appartenenti all’ordine francescano, individuati dai rispettivi stemmi.
L. CHIAPPINI – D. FRAPICCINI – A. MERIGGI – G. PICCININI – C. PONGETTI
Appignano – I segni della storia