mercoledì 27 marzo 2019

Sono bravi questi Cappuccini!


VISITA DI PAPA FRANCESCO A LORETO
25 marzo 2019

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
E grazie della vostra calorosa accoglienza! Grazie.
Le parole dell’angelo Gabriele a Maria: «Rallegrati, piena di grazia» (Lc 1,28), risuonano in modo singolare in questo Santuario, luogo privilegiato per contemplare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio. Qui, infatti, sono custodite le mura che, secondo la tradizione, provengono da Nazaret, dove la Vergine Santa pronunciò il suo “sì”, diventando la madre di Gesù. Da quando quella che è denominata la “casa di Maria” è diventata presenza venerata e amata su questo colle, la Madre di Dio non cessa di ottenere benefici spirituali in coloro che, con fede e devozione, vengono qui a sostare in preghiera. Tra questi oggi mi metto anch’io, e ringrazio Dio che me lo ha concesso proprio nella festa dell’Annunciazione.
Saluto le Autorità, con gratitudine per l’accoglienza e la collaborazione. Saluto Mons. Fabio Dal Cin, che si è fatto interprete dei sentimenti di tutti voi. Con lui saluto gli altri Presuli, i sacerdoti, le persone consacrate, con un pensiero speciale ai Padri Cappuccini, ai quali è affidata la custodia di questo insigne Santuario tanto caro al popolo italiano. Sono bravi questi Cappuccini! Sempre in confessionale, sempre, al punto che tu entri in santuario e sempre ce n’è almeno uno lì, o due o tre o quattro, ma sempre, sia di giorno sia alla fine della giornata, e questo è un lavoro difficile. Sono bravi e li ringrazio specialmente per questo prezioso ministero del confessionale, continuato durante tutta la giornata. Grazie! E a tutti voi, cittadini di Loreto e pellegrini qui convenuti, rivolgo il mio saluto cordiale.
In quest’oasi di silenzio e di pietà, vengono tanti, dall’Italia e da ogni parte del mondo, per attingere forza e speranza. Penso in particolare ai giovani, alle famiglie, ai malati.
La Santa Casa è la casa dei giovani, perché qui la Vergine Maria, la giovane piena di grazia, continua a parlare alle nuove generazioni, accompagnando ciascuno nella ricerca della propria vocazione. Per questo ho voluto firmare qui l’Esortazione apostolica frutto del Sinodo dedicato ai giovani. Si intitola Christus vivit – Cristo vive”. Nell’evento dell’Annunciazione appare la dinamica della vocazione espressa nei tre momenti che hanno scandito il Sinodo: 1) ascolto della Parola-progetto di Dio; 2) discernimento; 3) decisione.
Il primo momento, quello dell’ascolto, è manifestato da quelle parole dell’angelo: «Non temere Maria, […] concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù» (vv. 30-31). È sempre Dio che prende l’iniziativa di chiamare alla sua sequela. È Dio che prende l’iniziativa, Lui ci precede sempre, Lui precede, Lui fa strada nella nostra vita. La chiamata alla fede e ad un coerente cammino di vita cristiana o di speciale consacrazione è un irrompere discreto ma forte di Dio nella vita di un giovane, per offrirgli in dono il suo amore. Occorre essere pronti e disponibili ad ascoltare ed accogliere la voce di Dio, che non si riconosce nel frastuono e nell’agitazione. Il suo disegno sulla nostra vita personale e sociale non si percepisce rimanendo in superficie, ma scendendo a un livello più profondo, dove agiscono le forze morali e spirituali. È lì che Maria invita i giovani a scendere e a sintonizzarsi con l’azione di Dio.



Il secondo momento di ogni vocazione è il discernimento, espresso nelle parole di Maria: «Come avverrà questo?» (v. 34). Maria non dubita; la sua domanda non è una mancanza di fede, anzi, esprime proprio il suo desiderio di scoprire le “sorprese” di Dio. In lei c’è l’attenzione a cogliere tutte le esigenze del progetto di Dio sulla sua vita, a conoscerlo nelle sue sfaccettature, per rendere più responsabile e più completa la propria collaborazione. È l’atteggiamento proprio del discepolo: ogni collaborazione umana all’iniziativa gratuita di Dio si deve ispirare a un approfondimento delle proprie capacità e attitudini, coniugato con la consapevolezza che è sempre Dio a donare, ad agire; così anche la povertà e la piccolezza di quanti il Signore chiama a seguirlo sulla via del Vangelo si trasforma nella ricchezza della manifestazione del Signore e nella forza dell’Onnipotente.
La decisione è il terzo passaggio che caratterizza ogni vocazione cristiana, ed è esplicitato dalla risposta di Maria all’angelo: «Avvenga per me secondo la tua parola» (v. 38). Il suo “sì” al progetto di salvezza di Dio, attuato per mezzo dell’Incarnazione, è la consegna a Lui di tutta la propria vita. È il “sì” della fiducia piena e della disponibilità totale alla volontà di Dio. Maria è il modello di ogni vocazione e l’ispiratrice di ogni pastorale vocazionale: i giovani che sono in ricerca o si interrogano sul loro futuro, possono trovare in Maria Colei che li aiuta a discernere il progetto di Dio su loro stessi e la forza per aderire ad esso.
Penso a Loreto come a un luogo privilegiato dove i giovani possono venire alla ricerca della propria vocazione, alla scuola di Maria! Un polo spirituale a servizio della pastorale vocazionale. Auspico perciò che sia rilanciato il Centro “Giovanni Paolo II” a servizio della Chiesa in Italia e a livello internazionale, in continuità con le indicazioni emerse dal Sinodo. Un luogo dove i giovani e i loro educatori possono sentirsi accolti, accompagnati e aiutati a discernere. Per questo inoltre chiedo caldamente ai Frati Cappuccini un servizio in più: il servizio di estendere l’orario di apertura della Basilica e della Santa Casa durante la tarda serata e anche l’inizio della notte quando ci sono gruppi di giovani che vengono a pregare e a discernere la loro vocazione. Il Santuario della Santa Casa di Loreto, anche a motivo della sua collocazione geografica al centro della Penisola, si presta per diventare, per la Chiesa che è in Italia, luogo di proposta per una continuazione degli incontri mondiali dei giovani e della famiglia. È necessario, infatti, che all’entusiasmo della preparazione e celebrazione di questi eventi corrisponda poi l’attualizzazione pastorale, che dia corpo alla ricchezza dei contenuti, mediante proposte di approfondimento, di preghiera e di condivisione.



La Casa di Maria è anche la casa della famiglia. Nella delicata situazione del mondo odierno, la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna assume un’importanza e una missione essenziali. È necessario riscoprire il disegno tracciato da Dio per la famiglia, per ribadirne la grandezza e l’insostituibilità a servizio della vita e della società. Nella casa di Nazaret, Maria ha vissuto la molteplicità delle relazioni familiari come figlia, fidanzata, sposa e madre. Per questo ogni famiglia, nelle sue diverse componenti, trova qui accoglienza, ispirazione a vivere la propria identità. L’esperienza domestica della Vergine Santa sta ad indicare che famigliagiovani non possono essere due settori paralleli della pastorale delle nostre comunità, ma devono camminare strettamene uniti, perché molto spesso i giovani sono ciò che una famiglia ha dato loro nel periodo della crescita. Questa prospettiva ricompone in unitarietà una pastorale vocazionale attenta ad esprimere il volto di Gesù nei suoi molteplici aspetti, come sacerdote, come sposo, come pastore.
La Casa di Maria è la casa dei malati. Qui trovano accoglienza quanti soffrono nel corpo e nello spirito, e la Madre porta a tutti la misericordia del Signore di generazione in generazione. La malattia ferisce la famiglia e i malati devono essere accolti dentro la famiglia. Per favore, non cadiamo in quella cultura dello scarto che viene proposta dalle molteplici colonizzazioni ideologiche che oggi ci attaccano. La casa e la famiglia sono la prima cura del malato nell’amarlo, sostenerlo, incoraggiarlo e prendersene cura. Ecco perché il santuario della Santa Casa è simbolo di ogni casa accogliente e santuario degli ammalati. Da qui invio ad essi, tutti, ovunque nel mondo, un pensiero affettuoso e dico loro: voi siete al centro dell’opera di Cristo, perché condividete e portate in maniera più concreta dietro a Lui la croce di ogni giorno. La vostra sofferenza può diventare una collaborazione decisiva per l’avvento del Regno di Dio.



Cari fratelli e sorelle! A voi e a quanti sono legati a questo Santuario, Dio, per mezzo di Maria, affida una missione in questo nostro tempo: portare il Vangelo della pace e della vita ai nostri contemporanei spesso distratti, presi dagli interessi terreni o immersi in un clima di aridità spirituale. C’è bisogno di persone semplici e sapienti, umili e coraggiose, povere e generose. Insomma, persone che, alla scuola di Maria, accolgono senza riserve il Vangelo nella propria vita. Così, attraverso la santità del popolo di Dio, da questo luogo continueranno a diffondersi in Italia, in Europa e nel mondo testimonianze di santità in ogni stato di vita, per rinnovare la Chiesa e animare la società col lievito del Regno di Dio.
La Vergine Santa aiuti tutti, specialmente i giovani, a percorrere il cammino della pace e della fraternità fondate sull’accoglienza e sul perdono, sul rispetto dell’altro e sull’amore che è dono di sé. La nostra Madre, stella luminosa di gioia e di serenità, doni alle famiglie, santuari dell’amore, la benedizione e la gioia della vita. Maria, sorgente di ogni consolazione, porti aiuto e conforto a quanti sono nella prova.

                                                                                                     Papa Francesco

fonte: vatican.va

sabato 9 marzo 2019

Tra Cupramontana e San Paolo: lo sguardo di Francesco si è posato sulla Vallesina





Da oltre un anno, l'Arcidiocesi di Ancona-Osimo è al lavoro per preparare le celebrazioni dell'ottavo centenario della partenza di San Francesco d'Assisi dal porto di Ancona (giugno 1219) con destinazione verso la terra dei Saraceni.

Per l'occasione, Papa Francesco è stato invitato a recarsi in visita nel capoluogo della nostra Regione. L'Arcivescovo Angelo Spina ha indirizzato ai fedeli la sua prima lettera pastorale dal titolo: "Con lo sguardo di S. Francesco d'Assisi”.

Il biografo Bonaventura da Bagnoregio racconta che:"l'ardore della carità spingeva Francesco al martirio; sicché (...) tentò di partire verso i paesi infedeli, per diffondere, con l'effusione del proprio sangue, la fede nella Trinità. A tredici anni dalla sua conversione, partì verso le regioni della Siria, affrontando coraggiosamente molti pericoli, al fine di potersi presentare al cospetto del Soldano di Babilonia" (Leggenda Maggiore, 1172)

Il Santo, durante lo svolgimento della Quinta Crociata,  approdò, insieme ad un gruppo di frati, nel nord della Palestina, precisamente a S. Giovanni d'Acri, all’epoca quartiere generale dell’esercito cristiano. Dopo qualche mese, giunse alla corte del Sultano Al Malik-Al Kamil nella città di Damietta, situata sul delta del Nilo, a circa 200 km a nord del Cairo.

Diversi racconti, talvolta scarsamente attendibili sul piano storico, hanno rievocato la vicenda di quell’incontro. E’, ad esempio, da escludere la veridicità dell’episodio dell’ordalia o, “prova del fuoco”, attraverso la quale il Santo avrebbe sfidato i capi religiosi musulmani per dimostrare quale, tra le fedi cristana e islamica, fosse autentica.
Il cardinal Jacques de Vitry, contemporaneo di Francesco e scevro da preoccupazioni agiografiche, non nascose che, sotto il profilo del proselitismo, il Santo “predicò ai Saraceni la parola di Dio, ma con poco profitto”.

Certamente il frutto migliore di quella missione maturò al rientro in Italia, allorquando, all’interno della Regola non bollata (1221), Francesco formulò un capitolo intero dal titolo “Di coloro che vanno tra i saraceni e gli altri infedeli”.

Forte dell’esperienza vissuta, il Santo delineò un metodo operativo, ad uso dei frati, da utilizzare nel dialogo interreligioso.

Si rimane sorpresi per l’attualità delle indicazioni: il primo comportamento consiste nell’evitare liti o dispute ma, allo stesso tempo, nel proclamare, senza infingimenti, la propria fede cristiana. In un periodo in cui lo scontro tra civiltà aveva raggiunto l’acme, Francesco invita i suoi frati ad essere cortesi con tutti, non arretrando, tuttavia, rispetto alle proprie convinzioni.
In altri termini, non è possibile disgiungere lo spirito di accoglienza dalla testimonianza.

Il secondo comportamento si concretizza nell’annuncio diretto della Parola, non con sentimenti di prevaricazione, ma valutando il tempo opportuno, ovverosia allorquando i frati “vedranno che piace al Signore”.
Non esistono, quindi, programmi di conversione di massa, ma, al contrario, una prudente azione di discernimento.

Le ormai prossime celebrazioni anconetane, suscitano motivi di interesse storico-geografico, oltrechè religioso, non solo per Ancona, ma anche per il territorio della diocesi di Jesi.
Padre Giancarlo Corsini, già Ministro Provinciale dell’Ordine dei Frati Conventuali, ha ricostruito il percorso affrontato da Francesco per raggiungere il mare.
Il Santo toccò Gualdo Tadino, la cima del Monte Serrasanta, Campodonico, Madonna del Sasso, Valleremita, Fabriano, Albacina, Poggio San Romualdo, Valdicastro, Favete di Apiro, Cupramontana, San Paolo di Jesi, Santa Paolina, Filottrano, Osimo e, infine,  Ancona, per un totale di 190 km.

Nella nostra zona, per l’appunto, Francesco discese da Cupramontana per raggiungere San Paolo.
Quale potrebbe essere stato il suo itinerario?
L’ipotesi che ci sentiamo di avanzare prevede il transito per l’attuale Contrada San Michele, già chiamata S. Michele de Quadrigaria, probabilmente per l’esistenza in loco di un quadrivio (cfr. R. Ciccarelli, Le strade raccontano, 1991). Nella contrada era attestata, a partire dal XII secolo, la presenza di un eremo di monaci camaldolesi.
La strada prosegue per Contrada Follonica, dove,  all’epoca di Francesco, sorgeva un castello, di cui sono tuttora visibili i ruderi. Il luogo rivestiva una rilevante importanza strategica, in quanto situato al confine tra il Contado di Jesi e quello di Osimo. Vicino alla rocca, si ergeva la chiesa di Santa Maria di Follonica, citata da Antonio Gianandrea con uno specifico riferimento proprio all’anno 1219.

La questione, ricca di suggestioni, è degna di approfondimento. Ci sembra, infatti, non indifferente  che lo sguardo di Francesco (quello “sguardo fresco sul mondo nuovo” di cui parlava Chesterton) si sia posato, ottocento anni fa, sulle colline della nostra Vallesina.


                                                                                                                             Mauro Torelli

 (Voce della Vallesina, 17 febbraio 2019)