giovedì 13 ottobre 2022

1962: il Papa terziario in visita a Jesi

 



Papa Giovanni si era alzato a notte fonda e pensò che avrebbe dovuto affrontare una giornata molto intensa.

Rivolse una preghiera a Maria e a Francesco, come per annunciare che, appena qualche ora dopo, si sarebbe presentato nelle loro case. Aveva bisogno della loro intercessione, in vista dell’imminente apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II.

Un treno, messo a disposizione dal Presidente della Repubblica Antonio Segni, lo stava aspettando nella piccola stazione vaticana per le ore 6.30.

Era la prima volta che un Pontefice utilizzava un convoglio ferroviario, con partenza dai Sacri Palazzi.

Amintore Fanfani, Presidente del Consiglio in carica, lo avrebbe accompagnato durante il viaggio, salendo dalla stazione Tiburtina.

Il tragitto avrebbe segnato soltanto due tappe, a Loreto e ad Assisi, con successivo rientro a Roma nella serata dello stesso giorno: 4 ottobre 1962, festa del patrono d’Italia.

Settecento chilometri di strada ferrata, durante i quali l’ottantunenne Papa, già malato, sarebbe rimasto continuamente affacciato al finestrino per ammirare il paesaggio umbro-marchigiano ma, soprattutto, per rispondere al saluto affettuoso delle migliaia di persone che avevano invaso le stazioni.

Orte, Terni, Foligno e poi Jesi dove lo attesero in 15 mila.

Sulla banchina di viale Trieste, presenziò il Vescovo Giovanni Battista Pardini, attorniato dal Capitolo e dai sacerdoti della Diocesi di San Settimio.

Il Vicesindaco Vittorio Massaccesi, partecipò all’evento in rappresentanza della Giunta Borioni.

Racconta l’anonimo cronista di Voce della Vallesina (ma è palesemente riconoscibile lo stile del Direttore don Costantino Urieli): “Chi è rimasto nelle proprie case? Le fabbriche, le officine, i negozi si sono chiusi, mentre le sirene delle fabbriche fischiavano, le campane delle chiese squillavano e il campanone di Palazzo della Signoria scandiva il momento storico che Jesi stava vivendo”.

In effetti, l’ultima visita di un Papa a Jesi risaliva ad oltre un secolo prima, allorquando il 25 maggio 1857 Pio IX fu accolto in città su invito del Cardinale Luigi Morichini. Evento di forte impatto, non solo per ragioni spirituali, ma anche per le sorti economiche del territorio: Papa Mastai colse l’occasione per comunicare che il tracciato della ferrovia di collegamento tra Roma e l’Adriatico (all’epoca in fase di progettazione),  avrebbe sicuramente attraversato la valle del fiume Esino.

Profondamente diversi, nel 1962, il contesto storico e il ruolo del Papa: “Non era il Sovrano di uno stato terreno, quale lo videro e lo acclamarono gli jesini 105 anni or sono. Ora era il Sovrano di tutto il mondo; di un mondo e di una società nuova che in umiltà di spirito e in gesto di infinito amore raccoglieva ed interpretava ufficialmente, quale Vicario di Cristo, le ansie e le speranze di tutta l’umanità”.



A tutt’oggi, si trattò dell’ultimo transito di un Papa nella nostra terra: “Un passaggio rapido e fugace – scrive, ancora Voce – ma nel cuore di tutti è rimasta la dolcezza di quel sorriso buono e paterno, di quella benedizione ampia e cordiale. Il Papa ha benedetto Jesi. Nel suo gesto calmo e sereno, nella profonda semplicità del suo sguardo colmo di amore verso la città di Pergolesi, un nuovo cammino, un nuovo auspicio di pace e di bene si è aperto per Jesi e per la Vallesina ”.

Il treno proseguì per Ancona, per poi raggiungere Loreto e la Santa Casa di Maria di Nazareth (chiamata da Papa Giovanni con l’appellativo di “Prima stella del Concilio”) e, di seguito, Assisi (“Qui siamo veramente alle porte del Paradiso”).

Attorno a mezzanotte, rientrato a Roma, il Papa annotò nel suo diario: «Questa è data da scriversi aureo colore nella mia vita: il pellegrinaggio che volli fare - e pochi giorni bastarono al concepirlo, al farlo e a riuscirvi con l’aiuto del Signore - alla Madonna di Loreto e a san Francesco di Assisi, come a implorazione straordinaria di grazia per il Concilio Ecumenico Vaticano II. Lo pensai, al solito, con semplicità, lo decisi: il cardinale Segretario di Stato se ne interessò con vivo trasporto. Scrivo questa nota al termine della giornata che di fatto resterà una delle più sante e felici del mio umile pontificato».

 

                                                                                            Mauro Torelli