venerdì 20 settembre 2019

Echi dell'estate 2019

Voce della Vallesina

A 90 anni dalla nascita di Padre Oscar Serfilippi, Vescovo di Jesi

Voce della Vallesina, 15 settembre 2019


Lo sguardo sorridente di Padre Oscar, fuso nel bronzo per mano dell’artista Paolo Annibali, accoglie quotidianamente tutti coloro che fanno ingresso in Cattedrale, passando davanti al Sepolcro dei Vescovi.
Ricorre, in questi giorni, il novantesimo genetliaco di Oscar Serfilippi, 72° Vescovo della diocesi di Jesi (dal 1978 al 2006), nato a Mondolfo il 30 settembre 1929.

Frate conventuale dal 1950, Sacerdote dal 1954, Parroco per oltre 10 anni a San Benedetto del Tronto, dal 1973 fu Ministro Provinciale delle Marche fino alla nomina a Vescovo (1975), inizialmente come Ausiliare dell’Arcivescovo di Ancona e, dal 1 marzo 1978, come titolare della diocesi di San Settimio.

In Padre Oscar la straordinaria affabilità - di chiara connotazione francescana - si unì a doti di governo pastorale improntate ad una saggezza paterna.

Serfilippi visse immerso nella comunità jesina, promuovendo, con determinazione, progetti di vasto respiro in campo ecclesiale (ricordiamo il trentesimo Sinodo, i due Congressi eucaristici, l’erezione di nuove parrocchie) sociale (la fondazione dell’Oikos e del Consultorio familiare, la riorganizzazione della Caritas) culturale ed artistico (la nascita della Biblioteca Petrucciana, il potenziamento del Museo diocesano,  i lavori di restauro e conservazione del patrimonio).

Tra i tanti ritratti di Padre Oscar, ci piace ricordare quello disegnato da Mons. Alfredo Santoni, in occasione dell’insediamento nella Cattedra di San Settimio (1978): “Vostra Eccellenza Reverendissima è stata riempita da Dio di tanti doni: parola semplice, chiara, che va al cuore, volto sempre sereno, sano ottimismo, buon senso umano e marchigiano, sa compatire, perdonare, essere paziente, accogliente, sempre pronto a dare e a darsi”.

Coloro che – come chi scrive – frequentarono, attorno agli anni ’80, i gruppi ecclesiali giovanili conservano il ricordo di molti aneddoti legati alla figura di Padre Oscar. Vorrei ricordarne uno che testimonia la semplicità di stile.

Nel  luglio del 1985, l’Azione Cattolica organizzò un incontro diocesano ad Assisi, con la partecipazione del Vescovo.
L’itinerario della visita ebbe inizio, al mattino, dall’Eremo delle Carceri, alle pendici del monte Subasio.
Nel pomeriggio era previsto il trasferimento a piedi alla Basilica del Santo, situata ad oltre 4 chilometri di distanza.
Il gruppo, guidato da Padre Oscar, affrontò i tornanti della strada asfaltata utilizzando “il cavallo di San Francesco”.
Il caldo era terribile.
Nonostante camminassimo in discesa, l’afa fiaccava le gambe. Un’opprimente cappa di calore dominava la valle.
Padre Oscar, per alleviare i disagi della canicola, ripose lo zucchetto, la croce pettorale e la fascia vescovile in una borsa di cuoio e continuò la discesa in talare, unendosi ai canti dei ragazzi.

Giunti finalmente alla Basilica, il Vescovo volle concludere la giornata con la celebrazione della Messa ai piedi della tomba del Santo. L’idea estemporanea fu accolta con entusiasmo.
Quel desiderio si scontrò, tuttavia, con la ferma opposizione di un frate in servizio nella cripta, il quale, con tono irritato, rinfacciò allo sconosciuto interlocutore la necessità di rispettare l’obbligo inderogabile della preventiva prenotazione dell’altare.
A nulla valse la controreplica di Padre Oscar il quale evidenziò sommessamente come, in quel momento, l’altare fosse libero e non risultassero programmate, a breve, altre celebrazioni.
Pur rammaricato, in cuor suo, da tanta ingiustificata rigidità, Serfilippi prese atto della situazione, salutò cortesemente il frate e fece per andarsene.
Sembrò, dunque, che la “burocrazia” avesse il sopravvento, finché non assistemmo ad un piccolo colpo di scena.
Padre Oscar chiamò il suo collaboratore Giovannino e si fece portare la borsa di cuoio da cui estrasse lo zucchetto, senza proferir parola alcuna.
Il povero frate sbiancò all’istante e, tra mille richieste di scuse, autorizzò la celebrazione nella cripta, probabilmente riflettendo sull’insegnamento evangelico secondo cui la legge è per l’uomo e non viceversa…

A novanta anni dalla nascita, rileggiamo con gratitudine il testamento spirituale di Padre Oscar: “La vita, dono del Signore, è bellissima. Ringrazio e ringrazierò sempre il Signore, lo racconterò e lo insegnerò con una gioiosa testimonianza e con l’esortazione permanente.
Saluto, benedico e ringrazio la Chiesa Jesina tutta: quanto mi ha voluto bene e quanto le ho voluto bene!”.

                                                                                  
                                                                                                                      Mauro Torelli



mercoledì 11 settembre 2019

Serafinello


La storia che stiamo per raccontare ha dell'incredibile in quanto ci riporta in un epoca apparentemente lontana e  dimenticata tanto che sembra uscita dalle Fonti francescane, nel raccontare la vita di uno dei primi compagni di San Francesco:  Serafino da Pietrarubbia.
In realtà, la vita di questo religioso si snodò fra la fine del mille ed ottocento e la prima metà del mille e novecento. Il venerabile, con la sua testimonianza ed il suo amore al Serafico Padre, ha lasciato una traccia di luce in quella pagina che raccoglie i nomi di coloro che hanno avuto Cristo come meta ed il Paradiso come anelito.
Il venerabile Marcellino da Capradosso, San Serafino da Montegranaro, San Felice da Cantalice, San Crispino da Viterbo: non semplici nomi ma testimonianze di fratelli laici cappuccini che, con la loro vita, hanno distribuito il buon pane del Vangelo fra i fratelli.
Pietro Riminucci (questo il suo nome, prima di mutarlo all'ingresso del noviziato cappuccino) nacque il 4 febbraio 1874 a Pietrarubbia, in provincia di Pesaro, da una famiglia molto modesta. La sua esistenza scorre serena, anche se con molte difficoltà economiche. Il padre provvedeva alla vita della famiglia, con decoro e laboriosità, ma i tempi non erano facili soprattutto in un piccolo paese.
Si racconta che non avesse nemmeno le scarpe. Ma dalla famiglia apprese qualcosa di molto più prezioso: la fede in Dio che è Padre e l'amore alla Madonna. Queste caratteristiche, insieme a molti altri doni, lo accompagneranno per tutta la sua esistenza di francescano e di uomo.
La povertà, scelta da religioso e vissuta anche nel suo contesto di origine, non gli impedirà quel dolce cammino che porta alla santità. Anzi sarà la compagna amata perché scelta e scelta perché chiamata Madonna dalla teologia francescana.
Avvertito il desiderio di amare Cristo, con maggiore intensità, si presentò, ancora adolescente, al convento dei PP. Cappuccini di Ascoli Piceno, chiedendo di essere accolto come aspirante cappuccino. Dopo un breve periodo di prova, vista l'ottima impressione, venne inviato nel convento di Montefiore Conca, nel quale passò l'anno di noviziato.
Durante tale periodo, apprese i lineamenti della ascetica cappuccina ed approfondì la Regola che, mutata da Matteo da Bascio nella seconda metà del Cinquecento, riformava la vita francescana aspirando a rivivere le gesta degli inizi.
Assunto il  nuovo nome di Serafino, in ossequio a San Serafino da Montegranaro, ma non la vita che continuò con lo stesso trasporto per il Signore, emise la professione religiosa come fratello laico cappuccino.
Umile, mite, dinamico e di profonda preghiera, in tale apostolato ricoprì differenti mansioni: questuante nella regione della Vallesina per portare il pane alla numerosa comunità degli aspiranti alla vita religiosa; portinaio del convento di Jesi, nel quale non mancava di offrire un piatto di minestra ed un pagnotta di pane a tutti coloro che si trovavano nel bisogno; sagrestano.
Tali lavori furono semplici, ma grandissimi in quanto fra Serafino vi portò la perfezione di chi ama e l'amore di chi desidera. Questo desiderio era sempre orientato a Cristo ed alla Madonna. Chi lo ha conosciuto disse che: “era di poche parole ma di ottimo esempio”.
Aveva molti doni che metteva a servizio dei fratelli e della comunità. La sua vita è stata un lungo tragitto fatto di bene e di gioia, in coloro che incontrava.
Religioso penitente, per sé non chiese mai nulla se non quel dare che il Serafico Padre domanda ai suoi figli.
Innamorato della Madonna, fabbricava i rosari che dava alle persone. Il suo compagno di strada, ovvero la corona del rosario, lo ha accompagnato in tutta la sua esistenza: dal lavoro all'ultima malattia.
Sempre sorridente e sereno spese bene i propri talenti, in quanto li mise nelle mani del Signore che non manca di ricompensare i propri figli. Il sorriso era quel tratto tipico che caratterizzò il suo essere.  Morì il 17 marzo 1960 nell'infermeria del convento di Macerata, lasciando tutti edificati per il suo contegno in vita, ma di più nel momento di abbandonare la propria anima nella braccia del Padre. Dopo la sua scomparsa, le persone che lo hanno conosciuto hanno deposto per iniziare il processo di beatificazione, che si aprì nel 1975.
Il 15 marzo 2008 Papa Benedetto XVI lo ha dichiarato venerabile.
fonte: Aci Stampa

lunedì 9 settembre 2019

Padre Pierucci alla Rassegna "Suoni dal Passato"

CINGOLI, 7 settembre 2019 – Arriva anche a Cingoli la XXV edizione della Rassegna Organistica Vallesina “Suoni dal Passato”, organizzata dall’Associazione Organistica Vallesina di Staffolo e dall’Amministrazione Comunale di Cingoli.
Domani, domenica 8 settembre alle ore 21, infatti, si terrà il concerto d’organo di padre Armando Pierucci presso il Santuario di Santa Sperandia, in collaborazione con l’Accademia Labiena di Cingoli.L’organo della chiesa è uno dei tanti realizzati da Gaetano Callido nel territorio cingolano. Si tratta dell’opera 84 del 1773. Si compone di una tastiera di 45 tasti con la prima ottava corta e di una pedaliera da 13 pedali. I tiratutti sono a manovella. Fu restaurato nel 1995 da Guido Pinchi.
Padre Armando Pierucci
Padre Pierucci si esibirà con le note di Bach, Vivaldi Daquin. Originario di Maiolati Spontini, padre Armando ha preso il saio francescano a Cingoli nel settembre del 1950. È diplomato in Canto Gregoriano a Roma, Pianoforte a Napoli e Musica Corale e Organo a Pesaro.
Ha insegnato Organo al Conservatorio di Pesaro fino al 1988, per poi diventare l’organista del Santo Sepolcro a Gerusalemme per 26 anni. Ha fondato l’Istituto Magnificat in Israele, una scuola in cui 250 studenti e 30 professori cristiani fanno musica senza discriminazioni razziali o religiose.
Pierucci ha composto musica organistica e per vari strumenti, componendo Sinfonia Eucaristica, Sinfonia Mariana, Sinfonia Siriaca, le cantate De Profundis, The Nebo e La Terra dei Fioretti, l’oratorio S. Michele Arcangelo e molta musica sacra in latino, italiano, arabo, russo, inglese, armeno e greco.
Ha eseguito concerti in Italia, Grecia, Israele, Islanda. Molte sue composizioni si possono ascoltare anche su YouTube. Padre Armando Pierucci è anche Cavaliere per la Stella della Solidarietà Italiana e presiede la fondazione svizzera Laus Plena.
fonte: Giacomo Grasselli, qdmnotizie