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Voce della Vallesina, 15 settembre 2019 |
Lo sguardo sorridente di
Padre Oscar, fuso nel bronzo per mano dell’artista Paolo Annibali, accoglie
quotidianamente tutti coloro che fanno ingresso in Cattedrale, passando davanti
al Sepolcro dei Vescovi.
Ricorre, in questi giorni, il
novantesimo genetliaco di Oscar Serfilippi, 72° Vescovo della diocesi di Jesi
(dal 1978 al 2006), nato a Mondolfo il 30 settembre 1929.
Frate conventuale dal 1950, Sacerdote
dal 1954, Parroco per oltre 10 anni a San Benedetto del Tronto, dal 1973 fu
Ministro Provinciale delle Marche fino alla nomina a Vescovo (1975),
inizialmente come Ausiliare dell’Arcivescovo di Ancona e, dal 1 marzo 1978,
come titolare della diocesi di San Settimio.
In Padre Oscar la straordinaria
affabilità - di chiara connotazione francescana - si unì a doti di governo
pastorale improntate ad una saggezza paterna.
Serfilippi visse immerso nella comunità
jesina, promuovendo, con determinazione, progetti di vasto respiro in campo
ecclesiale (ricordiamo il trentesimo Sinodo, i due Congressi eucaristici,
l’erezione di nuove parrocchie) sociale (la fondazione dell’Oikos e del
Consultorio familiare, la riorganizzazione della Caritas) culturale ed artistico
(la nascita della Biblioteca Petrucciana, il potenziamento del Museo
diocesano, i lavori di restauro e conservazione del patrimonio).
Tra i tanti ritratti di Padre Oscar, ci
piace ricordare quello disegnato da Mons. Alfredo Santoni, in occasione dell’insediamento
nella Cattedra di San Settimio (1978): “Vostra Eccellenza Reverendissima è
stata riempita da Dio di tanti doni: parola semplice, chiara, che va al cuore,
volto sempre sereno, sano ottimismo, buon senso umano e marchigiano, sa
compatire, perdonare, essere paziente, accogliente, sempre pronto a dare e a
darsi”.
Coloro che –
come chi scrive – frequentarono, attorno agli anni ’80, i gruppi ecclesiali
giovanili conservano il ricordo di molti aneddoti legati alla figura di Padre
Oscar. Vorrei ricordarne uno che testimonia la semplicità di stile.
Nel luglio del 1985, l’Azione Cattolica
organizzò un incontro diocesano ad Assisi, con la partecipazione del Vescovo.
L’itinerario della visita ebbe inizio,
al mattino, dall’Eremo delle Carceri, alle pendici del monte Subasio.
Nel pomeriggio era previsto il trasferimento
a piedi alla Basilica del Santo, situata ad oltre 4 chilometri di distanza.
Il gruppo, guidato da Padre Oscar, affrontò
i tornanti della strada asfaltata utilizzando “il cavallo di San Francesco”.
Il caldo era terribile.
Nonostante camminassimo in discesa,
l’afa fiaccava le gambe. Un’opprimente cappa di calore dominava la valle.
Padre Oscar, per alleviare i disagi
della canicola, ripose lo zucchetto, la croce pettorale e la fascia vescovile
in una borsa di cuoio e continuò la discesa in talare, unendosi ai canti dei
ragazzi.
Giunti finalmente alla Basilica, il
Vescovo volle concludere la giornata con la celebrazione della Messa ai piedi
della tomba del Santo. L’idea estemporanea fu accolta con entusiasmo.
Quel desiderio si scontrò, tuttavia, con
la ferma opposizione di un frate in servizio nella cripta, il quale, con tono irritato,
rinfacciò allo sconosciuto interlocutore la necessità di rispettare l’obbligo inderogabile
della preventiva prenotazione dell’altare.
A nulla valse la controreplica di Padre
Oscar il quale evidenziò sommessamente come, in quel momento, l’altare fosse
libero e non risultassero programmate, a breve, altre celebrazioni.
Pur rammaricato, in cuor suo, da tanta
ingiustificata rigidità, Serfilippi prese atto della situazione, salutò
cortesemente il frate e fece per andarsene.
Sembrò, dunque, che la “burocrazia” avesse
il sopravvento, finché non assistemmo ad un piccolo colpo di scena.
Padre Oscar chiamò il suo collaboratore
Giovannino e si fece portare la borsa di cuoio da cui estrasse lo zucchetto,
senza proferir parola alcuna.
Il povero frate sbiancò all’istante e,
tra mille richieste di scuse, autorizzò la celebrazione nella cripta,
probabilmente riflettendo sull’insegnamento evangelico secondo cui la legge è
per l’uomo e non viceversa…
A novanta anni dalla nascita, rileggiamo
con gratitudine il testamento spirituale di Padre Oscar: “La vita, dono del
Signore, è bellissima. Ringrazio e ringrazierò sempre il Signore, lo racconterò
e lo insegnerò con una gioiosa testimonianza e con l’esortazione permanente.
Saluto, benedico e ringrazio la Chiesa
Jesina tutta: quanto mi ha voluto bene e quanto le ho voluto bene!”.
Mauro
Torelli
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