venerdì 29 maggio 2020

Chiesa della Madonna della Misericordia - la scheda CEI




Tipologia e qualificazione



chiesa sussidiaria
DenominazioneChiesa della Madonna della Misericordia <Jesi>  
Autore (ruolo)
Angelucci, Angelo (progetto chiesa)
Notizie Storiche

XVII - 1649 (preesistenze intero bene)

E’ situata a pochi metri dalla Chiesa di San Francesco di Assisi ed è sorta al posto di una vecchia cappella votiva che era denominata Madonna di Campolungo, costruita nel 1649 dalla nobile famiglia jesina dei Conti Fiordemonti.
DescrizioneLa chiesa è situata a pochi metri dalla Chiesa di San Francesco ed è un piccolo esempio di Neoclassicismo: un tempio ad aula con un pronao di accesso, una trabeazione con timpano triangolare e un presbiterio di forma quadrangolare con copertura a volta. L’interno della chiesa è caratterizzato da una serie di paraste corinzie impostate su stilobate che permettono la realizzazione di alcuni spazi per alloggiare sculture. Le statue sono 14 e rappresentano profeti e ninfe, proprio per rappresentare il sacro e il profano insieme. Sopra alle paraste vi è una ricca trabeazione e, al di sopra di quest’ultima, una serie di specchiature quadrate nelle quali sono inserite le finestre. Il presbiterio è uno spazio a se stante che si protende all’interno dell’aula con i muri laterali. Le pareti sono decorate con paraste, specchiature quadrangolari e semicircolari. Alla forma semplice e pura dell’edificio progettato dall’Angelucci sono stati aggiunti dei piccoli corpi di fabbrica che hanno reso la chiesa molto simile ad un edificio a croce. All'interno della chiesa sono presenti numerose lesioni dovute a cedimenti del terreno in quanto non sono presenti le fondamenta; sarebbero infatti necessari lavori di consolidamento e ristrutturazione anche nei locali della sacrestia.

http://www.chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/AccessoEsterno.do?mode=guest&type=auto&code=50047

lunedì 25 maggio 2020

La Madonna di Campolungo




A partire dalla fine di febbraio, la nostra vita è cadenzata da un flusso monotematico di informazioni riguardanti l’emergenza epidemiologica da Covid-19. Il numero dei contagi e, soprattutto, il bollettino quotidiano dei decessi, attirano la preoccupata attenzione di tutti.
Nei giorni scorsi, il Rapporto Istat relativo alla mortalità totale della popolazione nel primo trimestre 2020, ha sintetizzato gli esiti della tragedia nella forma di cifre inesorabili: nel confronto con la media dei decessi negli anni 2015-2019, la provincia di Bergamo segna un incremento pari al + 567,6%.
Nelle Marche, la Provincia di Pesaro registra un + 120%, mentre quella di Ancona raggiunge un + 49,4%.
Secondo i dati del Gores Marche (Gruppo Operativo Regionale per le Emergenze Sanitarie),  ammontano a 15 gli jesini morti a causa del coronavirus, a partire da marzo.


Voce della Vallesina, 17 maggio 2020

Utilizzando il cannocchiale della storia, scopriamo che ogni secolo è stato contrassegnato da eventi pandemici, con conseguenze luttuose anche nella nostra terra.
Nel 1918, la “Spagnola” contagiò, in tre mesi, 5000 jesini, pari ad un quinto dei residenti dell’epoca. Ben 164 concittadini persero la vita a causa dell’epidemia.
Andò peggio nel 1855, quando anche Jesi fu duramente colpita dal Morbo Asiatico “che baldanzoso percorreva le più belle contrade d’Italia, d’Europa, del Mondo, disertandole de’ loro abitanti, che a cento, a mille colpiva, uccideva. Cotanto spaventoso malore non risparmiò punto questa Città, dove, sviluppatosi appena, ingigantì siffattamente da atterrire anco i più coraggiosi”.
Nell’arco di appena quattro mesi, morirono ben 652 jesini. I contagiati vennero ricoverati in massa all’Ospedale di San Giovanni di Dio (con ingresso nell’attuale Corso Matteotti). La Curia vescovile mise a disposizione la chiesa di San Marco per incrementare il numero dei posti letto.
Anche in quell’occasione, il popolo di Jesi invocò la Madonna delle Grazie, rinnovando la richiesta di protezione che si era ripetuta nel corso delle periodiche pestilenze, a partire dalla prima, nel 1456.
Ma, oltre alla chiesa delle Grazie (situata all’interno della cinta muraria), la devozione degli jesini era rivolta alla Madonna di Campolungo, venerata in una cappella costruita, nel 1649, dalla nobile famiglia Fiordimonti, in piena campagna “sur un altipiano poco lungi dal pomerio della Regia Città di Jesi, verso quella parte che guarda ad ovest, nord-ovest sul fianco sinistro della strada che conduce a’ luoghi di villeggiatura ed a case rurali”.
Si tratta della descrizione dell’attuale via San Francesco, quando il convento dei Frati Minori non era ancora presente (verrà realizzato nel 1894, a seguito della soppressione post unitaria della chiesa di S. Francesco al Monte sostituita dall’odierna Casa di Riposo Vittorio Emanuele II).
Ebbene la Cappella di Campolungo conservava un quadro, di autore anonimo del XVII secolo, con un’immagine della Madonna della Misericordia, ritenuta miracolosa. La Vergine, seduta sulle nuvole, tiene sulle ginocchia Gesù, il quale si volge verso San Francesco, genuflesso e con le mani protese per l’abbraccio.




Nei dolorosi frangenti del 1855, il dipinto venne trasportato all’interno della città (precisamente nella chiesa di Sant’Agostino) “perché si trovasse in mezzo ai desolati, cui né potenza di farmachi né copia di cure valevano a scampare da lagrimevole strage”. Nel contempo si decise che l’immagine della Vergine non sarebbe stata riportata nella fatiscente cappella di Campolungo, fino a quando non fosse stato costruito un edificio più degno.






Fu dunque dato incarico al celebre architetto laziale Angelo Angelucci – già presente a Jesi per i lavori di restauro della chiesa di San Marco - il quale ideò un tempietto di “metri quadrati 123.50”, in stile neoclassico, con pronao di accesso e capitelli in stile ionico e corinzio.
La prima pietra fu posta il 18 novembre del 1855, al termine del devastante periodo pandemico, con la benedizione di Mons. Francesco Saverio Martini, Vicario del Cardinale Morichini. Per carenza di fondi, non fu, tuttavia, possibile rispettare integralmente le previsioni progettuali di Angelucci, ma il risultato fu ugualmente dignitoso e apprezzato.



Il tempio, sebbene attualmente inagibile per le ferite del terremoto, è ancora presente, incastonato tra la chiesa, il convento e il teatro parrocchiale. Sul frontone campeggia la scritta latina “Deo et Virgini misericordi”.
La storia plurisecolare della Madonna di Campolungo si collega idealmente con le vicende dei nostri giorni e con la preghiera accorata di Papa Francesco: “Madre di Dio e Madre nostra, implora per noi da Dio, Padre di misericordia, che questa dura prova finisca e che ritorni un orizzonte di speranza e di pace. Come a Cana, intervieni presso il tuo Figlio Divino, chiedendogli di confortare le famiglie dei malati e delle vittime e di aprire il loro cuore alla fiducia”.

                                                                                                                         Mauro Torelli