Proseguiranno fino a giugno le celebrazioni del quinto centenario della nascita di Papa Sisto V (Grottammare 1521 – Roma 1590).
La città di Montalto Marche gli
dedica, in questo periodo, la mostra “Gloria e Memoria”, allestita a Palazzo
Paradisi su progetto di Vittorio Sgarbi.
L’anniversario consente di
ripercorrere alcuni aspetti della vita di questo Pontefice francescano, immortalato
da Gioacchino Belli in un celebre sonetto satirico:
Fra ttutti quelli c’hanno avuto er posto
de vicarj de Ddio, nun z’è mmai visto
un papa rugantino, un papa tosto,
un papa matto, uguale a Ppapa Sisto.
Il
“Papa tosto”, restò in carica appena 5 anni (1585-1590), durante i quali si rese
protagonista di una radicale trasformazione dell’assetto organizzativo della Curia
romana e dello Stato Pontificio.
In
una fase drammatica, caratterizzata dal progressivo consolidamento del protestantesimo,
Sisto V divenne artefice di una politica di reazione controriformista, istaurando
un nuovo sistema di governo per la Santa Sede.
Fissò
a 70 il numero massimo dei Cardinali, riorganizzò la Segreteria di Stato mediante
la creazione di 15 Congregazioni permanenti, ripristinò le visite “ad limina”,
imponendo ai Vescovi l’obbligo di recarsi periodicamente a Roma per esporre al
Papa la situazione delle diocesi. Tali misure, ispirate ad un disegno di
accentramento e controllo, rimarranno in vigore per quasi quattro secoli, fino
al Concilio Vaticano II.
Nel rispetto dell’austerità francescana, il Papa impose alla Curia romana un rigoroso stile di vita. Contrario ad ogni forma di lusso, pretese un comportamento sobrio anche dai suoi collaboratori. Per la sua tavola non si dovevano spendere più di cinque “giuli” al giorno (corrispondenti a 50 baiocchi, una vera inezia).
Con
analoga intransigenza si dedicò alla riforma del fisco, attirandosi ineluttabili
antipatie. La scarsa fiducia nei confronti dei gabellieri in carica, indusse il
Pontefice a reclutare esattori di origine marchigiana, che si distinsero per
solerzia e precisione.
Da quella scelta trae origine l’infamante proverbio secondo cui sarebbe «mejo 'n morto dentro casa cchè 'n marchisciano fori daa porta».
Del
resto il Papa era particolarmente legato alla terra di origine e anche a Jesi per
avervi vissuto, attorno ai 18 anni, un periodo decisivo della sua formazione
religiosa.
Biblioteca Planettiana Fondo biblioteca dei frati conventuali di San Floriano volume risalente al 1529 |
A differenza della maggior parte dei Pontefici provenienti da famiglie aristocratiche, Felice Peretti ebbe umilissime origini e all’età di 9 anni venne accolto nel convento dei frati minori di Montalto.
Nel
1536 emise i voti religiosi e
tre anni dopo venne inviato al convento di San
Floriano dove era attivo un importante Studio specializzato in Teologia,
Filosofia e Morale.
Il
convento godeva di eccellente considerazione anche per la presenza di una vasta
raccolta di incunaboli e cinquecentine. Gli insegnamenti ricevuti a Jesi, contribuirono
certamente alla crescita di Fra Felice che diventerà presto un autorevole predicatore
e inquisitore.
Biblioteca Planettiana Fondo biblioteca dei frati conventuali di San Floriano |
Anche
nel ruolo di Pontefice, Peretti incise sulle sorti di Jesi e del suo Contado,
da tempo contrapposti in un aspro conflitto per ragioni tributarie. Nel 1586 i contadisti
avevano addirittura chiesto al Papa lo scioglimento (“dissolutionem societatis”) di ogni
rapporto con la Città.
L’annosa
lite trovò una provvidenziale composizione mediante il Breve di Concordia (1589)
destinato a garantire una tregua fiscale per quasi un secolo.
Mauro
Torelli