Voce della Vallesina, 28 gennaio 2018 |
Veramente encomiabile l’attività di studio
di Laura Barbacci, Meri Sbaffi e Maria Cristina Zanotti confluita nel libro “La chiesa di San Marco, un gioiello nascosto”,
presentato domenica 1 ottobre.
Di particolare interesse la scoperta di tracce
templari che si innestano nel contesto francescano della chiesa, la cui prima
origine è riconducibile – secondo la tradizione – al passaggio del Santo di
Assisi nella nostra città attorno al 1215.
Per di più, l’opera delle tre autrici
- come si conviene ai migliori lavori in
campo storiografico - ha il pregio di stimolare l’apertura di ulteriori “piste”
di ricerca.
Sarebbe interessante, ad esempio, approfondire la
notizia (riportata dalla Sbaffi) secondo cui la chiesa di San Marco costituirebbe
il luogo di sepoltura dello jesino Crescenzio Grizi, sesto Ministro Generale
dell’Ordine francescano e, successivamente, Vescovo della nostra diocesi, morto
nel 1268.
La figura di questo frate, purtroppo misconosciuta
nella sua terra di origine, è strettamente legata alle concitate vicende che
seguirono la morte del Santo, avvenuta nel 1226.
E’ universalmente noto
che la povertà costituisce il tratto qualificante dell’esperienza umana di
Francesco (non a caso chiamato Pater pauperum) e trova conferma nel
suo Testamento e nella Regola: “I frati non si approprino di nulla, né casa,
né luogo, né alcuna altra cosa. E come pellegrini e forestieri in questo mondo,
servendo al Signore in povertà ed umiltà, vadano per l’elemosina con fiducia.
Né devono vergognarsi, perché il Signore si è fatto povero per noi in questo
mondo”.
Come era umanamente prevedibile, il carattere radicale
della volontà testamentaria di Francesco finì per creare, nei suoi eredi, divisioni
e contrasti.
Mentre parte dell’Ordine propugnava il primato assoluto della “santa povertà”, altri esponenti
(sostenuti dalla Curia Romana) vollero coltivare un obiettivo di proselitismo e
di penetrazione francescana nella società dell’epoca: tale strategia
poteva essere perseguita attraverso l’edificazione di nuovi conventi
e lo sviluppo territoriale di una solida struttura organizzativa.
Molto presto i fautori della spinta
apostolica entrarono in conflitto con i sostenitori del carisma contemplativo
delle origini: con la bolla Quo elongati del 1230, Gregorio IX
giunse a dichiarare che i frati non erano obbligati alla stretta osservanza del
Testamento.
La presa di posizione del Papa fece
divampare lo scontro tra la componente degli zelanti (strenui
“custodi” del Testamento) e quella dei lassisti.
La situazione di crisi fu affrontata dallo
jesino Crescenzio Grizi, Ministro Generale dell’Ordine tra il 1244 e il 1247, il
quale si contrappose apertamente agli zelanti, in sintonia con l’autorità
papale.
Appartenente a una delle più nobili famiglie della
città, in gioventù aveva avuto, secondo alcune fonti, moglie e prole. Alla
morte della coniuge, aveva deciso di entrare, insieme ad un figlio, nell’Ordine
francescano.
Le Fonti così descrivono l’operato del
Grizi: “Entrato nell’Ordine già vecchio, esperto in diritto canonico e in
medicina. Non molto tempo dopo fu fatto Provinciale della Marca anconetana. Vi
trovò una setta di uomini superstiziosi, che non camminavano secondo le verità
del Vangelo (…) ritenendosi più spirituali degli altri e volendo vivere secondo
il proprio arbitrio, attribuendo tutto questo alla mozione dello Spirito. Frate
Crescenzio, mentre era ministro provinciale li sterminò con mano forte”(Fonti Francescane
2671)
Controverso fu il giudizio dei
contemporanei sull’opera di Crescenzio: un giudizio sicuramente condizionato
dalle contrapposte appartenenze dei suoi critici. La fazione avversaria degli
zelanti gettò discredito su di lui considerando la sua azione “inutile” ed “insufficiente” (FF 2671). Per altri, al contrario, “il suo zelo
era infiammato dalla carità, modellato dalla scienza e fortificato dalla
fermezza”.
Ma, probabilmente, il merito maggiore
ascrivibile a Crescenzio Grizi è legato alla
sua decisione di interpellare tutti i frati che avevano conosciuto Francesco
per poter raccogliere ricordi personali, documenti, appunti, lettere private
riferiti al Fondatore. Erano, ormai, trascorsi 18 anni dalla morte del Santo e il gruppo dei primi seguaci
cominciava, per ragioni anagrafiche, ad assottigliarsi, con il rischio di
perdere per sempre informazioni preziose.
Attraverso il racconto diretto dei frati della
“prima ora” Leone, Rufino e Angelo, fu
possibile ricostruire la vicenda biografica di Francesco in quel testo
straordinario giunto ai posteri sotto il titolo di Leggenda dei tre compagni.
E fu sempre il Grizi a commissionare
all’agiografo ufficiale Tommaso da Celano, già autore della Vita Prima di San
Francesco, una seconda biografia integrata con le notizie reperite tra i
contemporanei del Santo.
Nel 1252 Crescenzio fu eletto Vescovo di Jesi e guidò
la diocesi fino al 1264:“Dopo che ebbe governato l’Ordine per qualche tempo
con fedeltà e prudenza, frate Crescenzo chiese di essere dimesso dall’Ufficio;
in seguito fu nominato Vescovo della sua città natale” (FF 2513).
L’incarico di Crescenzio si svolse in un periodo
alquanto tormentato della storia di Jesi: all’indomani della morte di Federico
II (1250), suo figlio Manfredi portò a compimento la riconquista ghibellina
della Marca di Ancona.
La nostra città fu privata del Vescovo e Crescenzio dovette
abbandonare Jesi.
Appare, comunque, attendibile che la sua sepoltura – a
motivo dell’alta dignità ecclesiastica conseguita nella doppia carica di
Ministro Generale e Vescovo - sia avvenuta all’interno della chiesa di San Marco,
considerata, per secoli, la chiesa madre dei francescani della Vallesina.
Esprimiamo l’auspicio che la ricerca storica su
Crescenzio Grizi possa proseguire, affinché venga riconosciuta a questo
francescano di origini nobiliari la giusta collocazione tra i figli più
illustri della città di Jesi e della Vallesina.
Mauro
Torelli
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