Sono giunte a termine le celebrazioni di ottobre in occasione del sessantesimo anniversario della fondazione della Parrocchia di San Francesco d’Assisi (1960 - 2020).
Le limitazioni imposte dallo stato di pandemia, non hanno
impedito alla comunità parrocchiale di fare memoria del proprio passato, di
rievocare le guide spirituali che si sono succedute nei sei decenni (“Ricordatevi
dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio”), di
riflettere, secondo l’insegnamento del Concilio, sulle “gioie e le speranze,
le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di
tutti coloro che soffrono”.
Ogni anniversario ha l’effetto di rinverdire le ragioni
fondanti di una realtà comunitaria, valorizzando anche quegli elementi
simbolici attorno ai quali si realizza uno spirito di condivisione e di unità.
E tra i simboli di una comunità parrocchiale, un ruolo
importante è rivestito anche dal suo patrimonio storico-artistico, in grado di
alimentare un senso di appartenenza tra tutti i membri.
La Parrocchia di San Francesco d’Assisi nasce il 4 ottobre
1960, negli spazi del Convento dei Frati Minori di Campolungo.
Secondo lo stile sobrio degli edifici di matrice francescana,
la chiesa parrocchiale si caratterizza per la sua essenzialità: nessun
affresco, nessun elemento decorativo originale, nessuna evidenza di particolare
pregio architettonico.
Eppure, anche in questo caso, la regola è confermata da una
felice eccezione, ovvero quel Crocifisso ligneo che, dalla parete retrostante l’altare,
accoglie fedeli e visitatori.
Non un’opera dozzinale, bensì un esempio eccellente di arte
rinascimentale marchigiana.
Si deve allo storico dell’arte Alessandro del Priori l’attribuzione
del Crocifisso a Sebastiano d’Appennino, tra i massimi scultori del legno, in
attività nei primi trent’anni del Cinquecento (architectus sive
magister intagliandi lignamina).
Alla sua mano sono riconducibili altri importanti crocifissi:
il Cristo della Pinacoteca di Ascoli (1519-20), quelli della sacrestia
della Cattedrale di Matelica (1510), della chiesa di Santa Croce di Macerata
(1529-30), di Croce di Caldarola e, probabilmente, il Crocifisso del convento
delle Clarisse di Santa Chiara a Camerino.
Sebastiano, proveniente dal piccolo borgo del Ducato di
Camerino, fu l’allievo prediletto di Domenico Indivini, a sua volta
riconosciuto come il migliore intagliatore del '400, autore del coro ligneo
della Basilica Superiore di Assisi.
Il Crocifisso di Jesi, dalle forme similari rispetto a quello
di Ascoli, è stato cronologicamente datato tra il 1510 e il 1515.
L’autore ricevette un incarico dai Frati Minori
dell’Osservanza, insediatasi, a partire dal 1486, in quella chiesa di San
Francesco al Monte, destinata ad accogliere capolavori di Lorenzo Lotto (la Madonna
delle Rose) e di Pietro Paolo Agabiti (San Francesco, tra S.
Antonio e S. Bernardino).
Nella chiesa erano annoverati 8 altari, l’ultimo dei quali dedicato al Ss.mo Crocifisso, sotto il giuspatronato della famiglia Colocci (M.C. Zanotti, Chiesa di San Francesco al Monte, 2013). Risulta che nella cappella fosse collocata “l’immagine di Gesù sulla croce rilevato in legno”: la descrizione richiama il Crocifisso di Sebastiano d’Appennino.
Come
è noto, nel 1866 i Frati Minori, a causa del Decreto Valerio, vennero cacciati da San Francesco al Monte: la
chiesa venne demolita e l’annesso convento fu trasformato in Asilo di Mendicità
(l’attuale Casa di Riposo di via
Gramsci).
Le opere d’arte furono requisite, finendo per
costituire il nucleo portante della futura Pinacoteca Civica.
Ma il Crocifisso di Sebastiano fu
provvidenzialmente sottratto all’esproprio e custodito dai frati.
Dopo circa 30 anni di esilio, nel 1894 la
Fraternità dei Minori trovò sistemazione nel nuovo Convento costruito in
contrada Campolungo, accanto al tempio della Madonna della Misericordia.
Finalmente il Crocifisso poté riottenere degna
collocazione, fino ai giorni nostri.
Il filo rosso della storia attraversa molte
generazioni: da oltre 500 anni, il Crocifisso di Sebastiano è oggetto di
devozione da parte di una schiera innumerevole di cristiani.
E anche domani potrà continuare ad essere il
simbolo di una comunità parrocchiale “in pellegrinaggio verso il Regno del
Padre”, sulle orme di San Francesco.
Mauro Torelli
foto: Alessandro Gianfelici
Voce della Vallesina, 8 novembre 2020
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