domenica 29 novembre 2020

Sebastiano d'Appennino, Architectus sive magister intagliandi lignamina

 


Sono giunte a termine le celebrazioni di ottobre in occasione del sessantesimo anniversario della fondazione della Parrocchia di San Francesco d’Assisi (1960 - 2020).

Le limitazioni imposte dallo stato di pandemia, non hanno impedito alla comunità parrocchiale di fare memoria del proprio passato, di rievocare le guide spirituali che si sono succedute nei sei decenni (“Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio”), di riflettere, secondo l’insegnamento del Concilio, sulle “gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono”.

Ogni anniversario ha l’effetto di rinverdire le ragioni fondanti di una realtà comunitaria, valorizzando anche quegli elementi simbolici attorno ai quali si realizza uno spirito di condivisione e di unità.

E tra i simboli di una comunità parrocchiale, un ruolo importante è rivestito anche dal suo patrimonio storico-artistico, in grado di alimentare un senso di appartenenza tra tutti i membri.

La Parrocchia di San Francesco d’Assisi nasce il 4 ottobre 1960, negli spazi del Convento dei Frati Minori di Campolungo.

Secondo lo stile sobrio degli edifici di matrice francescana, la chiesa parrocchiale si caratterizza per la sua essenzialità: nessun affresco, nessun elemento decorativo originale, nessuna evidenza di particolare pregio architettonico.

Eppure, anche in questo caso, la regola è confermata da una felice eccezione, ovvero quel Crocifisso ligneo che, dalla parete retrostante l’altare, accoglie fedeli e visitatori.

Non un’opera dozzinale, bensì un esempio eccellente di arte rinascimentale marchigiana.

Si deve allo storico dell’arte Alessandro del Priori l’attribuzione del Crocifisso a Sebastiano d’Appennino, tra i massimi scultori del legno, in attività nei primi trent’anni del Cinquecento (architectus sive magister intagliandi lignamina).




Alla sua mano sono riconducibili altri importanti crocifissi: il Cristo della Pinacoteca di Ascoli (1519-20), quelli della sacrestia della Cattedrale di Matelica (1510), della chiesa di Santa Croce di Macerata (1529-30), di Croce di Caldarola e, probabilmente, il Crocifisso del convento delle Clarisse di Santa Chiara a Camerino.

Sebastiano, proveniente dal piccolo borgo del Ducato di Camerino, fu l’allievo prediletto di Domenico Indivini, a sua volta riconosciuto come il migliore intagliatore del '400, autore del coro ligneo della Basilica Superiore di Assisi.

Il Crocifisso di Jesi, dalle forme similari rispetto a quello di Ascoli, è stato cronologicamente datato tra il 1510 e il 1515.

L’autore ricevette un incarico dai Frati Minori dell’Osservanza, insediatasi, a partire dal 1486, in quella chiesa di San Francesco al Monte, destinata ad accogliere capolavori di Lorenzo Lotto (la Madonna delle Rose) e di Pietro Paolo Agabiti (San Francesco, tra S. Antonio e S. Bernardino).

Nella chiesa erano annoverati 8 altari, l’ultimo dei quali dedicato al Ss.mo Crocifisso, sotto il giuspatronato della famiglia Colocci (M.C. Zanotti, Chiesa di San Francesco al Monte, 2013). Risulta che nella cappella fosse collocata “l’immagine di Gesù sulla croce rilevato in legno”: la descrizione richiama il Crocifisso di Sebastiano d’Appennino.

Come è noto, nel 1866 i Frati Minori, a causa del Decreto Valerio, vennero cacciati da San Francesco al Monte: la chiesa venne demolita e l’annesso convento fu trasformato in Asilo di Mendicità (l’attuale Casa di Riposo di via Gramsci).

Le opere d’arte furono requisite, finendo per costituire il nucleo portante della futura Pinacoteca Civica.

Ma il Crocifisso di Sebastiano fu provvidenzialmente sottratto all’esproprio e custodito dai frati.

Dopo circa 30 anni di esilio, nel 1894 la Fraternità dei Minori trovò sistemazione nel nuovo Convento costruito in contrada Campolungo, accanto al tempio della Madonna della Misericordia.

Finalmente il Crocifisso poté riottenere degna collocazione, fino ai giorni nostri.

Il filo rosso della storia attraversa molte generazioni: da oltre 500 anni, il Crocifisso di Sebastiano è oggetto di devozione da parte di una schiera innumerevole di cristiani.

E anche domani potrà continuare ad essere il simbolo di una comunità parrocchiale “in pellegrinaggio verso il Regno del Padre”, sulle orme di San Francesco.


Mauro Torelli

foto: Alessandro Gianfelici


Voce della Vallesina, 8 novembre 2020


  

                                                                                                  

 


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