All’indomani
del Capitolo dell’Acquarella (1529) la diffusione del movimento cappuccino fu
imponente, in particolar modo nel territorio marchigiano.
Nel rispetto
delle Costituzioni i conventi dovevano sorgere fuori dell’abitato in luoghi
solitari, non troppo lontani dalla città perché l’eccessiva distanza avrebbe
reso difficile l’accesso dei fedeli, ma neppure troppo vicini per preservare il
clima di raccoglimento dei frati:
“Che li
luochi tutti siano presi fuori delle città distanti per un miglio, o poco
manco; et che detti luochi che s’hanno a pigliare, et fabbricare, sino sempre
sotto il dominio delli padroni, ovvero delle città, et siano sempre presi con
questa conditione, che ogni volta, che li trovasse impedimento alla vita
nostra, li frati liberamente si possino partire, et quando alli padroni no’
piacesse che frati abitassero in detto luoco, senza alcuna conditione
s’habbiano a partirsi et andare in altro luoco".
Nel 1541 il
Comune di Jesi assegnò all’ultima nata tra le famiglie francescane, un terreno
nei pressi della Selva della Sterpara in località Castellare (l’attuale
Tabano). Ancora oggi, tra i contadini
della zona, è tramandata la memoria di
una via denominata “Cappuccini vecchi”, a ricordo del primo insediamento
inaugurato il 5 ottobre 1544.
Il convento fu
sede del noviziato ed ospitò, nel 1557, Serafino da Montegranaro, destinato a
salire agli onori degli altari nel 1767.
L’eccessiva
distanza dal centro urbano e la scarsità
d’acqua in loco, indusse i Cappuccini, dopo appena 50 anni, a vendere
l’edificio e a costruire, con il ricavato, un nuovo convento in un’area messa a
disposizione dalla Famiglia Nobili nella zona dell’Isolato Carducci, a 46 passi
dalla città.
La nuova
struttura, cui era annessa la Chiesa di San Michele, disponeva di ben 34 celle
e fu inaugurata nel 1592.
La grande
stima acquistata in pochi anni dai Cappuccini, fece sì che il Comune decidesse
di aprire, nel 1605, un varco sulle Mura Occidentali, con lo scopo di agevolare
l’accesso in città dei frati, anche in caso di attacchi al convento da parte di
malfattori: il passaggio, situato in corrispondenza dell’attuale via Pietro
Grizio, prese il nome, ancora oggi in uso, di “sporticello”.
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